Conte chiede la fiducia al Senato: “Abbiamo un progetto per cambiare l’Italia”
Il premier del Governo sostenuto da Lega e M5s in aula per il discorso programmatico che verrà discusso dai parlamentari. In serata il voto di fiducia
Il premier Giuseppe Conte è in aula al Senato per chiedere la fiducia dei parlamentari e dare il via libera ufficiale alla formazione del nuovo Governo.
Alle 12 Conte ha fatto il suo discorso che sarà discusso in aula. Le dichiarazioni finali dei gruppi parlamentari si svolgeranno a partire dalle 17.30. L’appello nominale per il voto di fiducia è previsto dalle 19.15.
IL PROGRAMMA DI GOVERNO
Sul programma Conte ha confermato quanto detto in questi giorni sul programma sottoscritto da Lega e M5s: «gli obiettivi che la squadra di Governo si ripromette di raggiungere sono affidati alla pagina scritta, perché le forze politiche che compongono la maggioranza li hanno dichiarati in modo trasparente, vincolandosi ad adottare tutte le iniziative e tutte le misure necessarie a perseguirli».
LE FORZE POPULISTE DI GOVERNO
Conte ha fatto riferimento anche al termine “populismo” con il quale sono state identificate nel dibattito pubblico le forze politicihe che hanno dato vita al Governo: «le forze politiche sono state accusate di essere populiste, antisistema – ha detto Conte -. Bene, sono formule linguistiche che ciascuno è libero di declinare. Se populismo è l’attitudine della classe dirigente ad ascoltare i bisogni della gente – e qui traggo ispirazione dalle riflessioni di Dostoevskij, nelle pagine di «Puškin» – se antisistema significa mirare a introdurre un nuovo sistema che rimuova vecchi privilegi e incrostazioni di potere, ebbene, queste forze politiche meritano entrambe queste qualificazioni».
REDDITO DI CITTADINANZA E LEGITTIMA DIFESA
Conte nel suo discorso se l’è presa anche con le misure di austerità imposte ai conti pubblici e quelle che secondo lui sono le conseguenze prodotte: «i diritti sociali – ha detto Conte -, nel corso degli ultimi anni, sono stati progressivamente smantellati, con i risultati che conosciamo: milioni di poveri, milioni di disoccupati, milioni di sofferenti. È ora di dire che i cittadini italiani hanno diritto a un salario minimo orario, affinché nessuno venga più sfruttato, hanno diritto a un reddito di cittadinanza e a un reinserimento al lavoro qualora si ritrovino disoccupati; hanno diritto a una pensione dignitosa; hanno diritto a pagare in maniera semplice tasse eque. C’è di nuovo che il debito pubblico lo vogliamo ridurre, ma vogliamo farlo con la crescita della nostra ricchezza, non con le misure di austerità, che negli ultimi anni hanno contribuito a farlo lievitare. Il cambiamento è in una giustizia rapida ed efficiente e dalla parte dei cittadini, con nuovi strumenti come la class action, l’equo indennizzo per le vittime di reati violenti, il potenziamento della legittima difesa».
IMMIGRAZIONE, FINTA SOLIDARIETA’ E CORRUZIONE
Ora, ha detto Conte «cambia che metteremo fine al business dell’immigrazione. Metteremo fine al business dell’immigrazione, che è cresciuto a dismisura sotto il mantello della finta solidarietà. Cambia che combatteremo la corruzione con metodi innovativi come il DASPO ai corrotti e con l’introduzione dell’agente sotto copertura. Cambia che vogliamo un Paese a misura dei cittadini diversamente abili – e sono milioni – che troppo spesso si ritrovano abbandonati a sé stessi e alle loro famiglie. Cambia che vogliamo rescindere il legame tra politica e sanità, per rendere quest’ultima finalmente efficiente su tutto il territorio nazionale. Cambia che aumenteremo fondi, mezzi e dotazioni per garantire la sicurezza in ogni città. Cambia che presteremo adeguata attenzione alle famiglie, specialmente quelle in difficoltà».
NUOVE TECNOLOGIE E LAVORO
Il premier nel suo discorso ha citato anche le trasformazioni portate dalle nuove tecnologie nell’economia e nel lavoro: «La diffusione di nuove tecnologie e dell’economia della condivisione crea nuove opportunità imprenditoriali e rende disponibili servizi innovativi per i cittadini – ha detto Conte -, ma apre anche a rischi di marginalizzazione, a nuove forme di sfruttamento. Dobbiamo farci carico di tali trasformazioni non per combattere uno sviluppo per molti versi irreversibile, ma per assicurare, in ogni caso, il rispetto dei diritti essenziali dei lavoratori e per garantire che il lavoro sia sempre strumento di realizzazione personale e umana».
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