Nel mezzo del cammino

Ultima tappa prima di Leon. Una giornata che ha segnato la metà del cammino

Generico 2018

La carbonara al centro della tavolata. Intorno una quindicina di persone che ben rappresentano diversi territori della penisola. 

Pellegrini provenienti da Aosta, Varese, Vicenza, Rovigo, Trieste, Parma, la Val d’Orcia, Caserta, Lecce. Tutti italiani che scattano in piedi in un lungo applauso a Bruno, l’ospitalero che da nove anni ha lasciato l’ingegneria per gestire un piccolo ostello a Moratinos, villaggio con 18 anime a poca distanza da Leon, insieme a un brasiliano e un francese. 

Non c’è che dire, per due sere di fila cucina italiana e tante persone che non solo apprezzano, ma allungano una tappa per gustare una pasta asciutta. 

La sera sembra averci preso gusto e il cielo cambia riempiendosi di nubi per la successiva pioggia. Così la temperatura si abbassa e lascia vivere sia di notte che al mattino fino a tardi. 

Partenza in pattuglia. Mario e Matteo si sono alzati prestissimo per tentare l’impresa di superare i 40 km. Sono giovani e spingono anche se sotto sotto ci deve essere qualche storia di incontri galanti con americane. Comunque noi ce la prendiamo più comoda anche perché fino alle 5.30 piove. Colazione alle 6 e si parte. 

Una tappa noiosa, anche questa di trasferimento. Due fatti degni di nota: l’uscita dalla provincia di Palencia per entrare in quella di Leon e il punto di mezzo del cammino a Sahagùn dove c’è una scultura in cui tanti pellegrini si fotografano mentre nella vicina parrocchiale viene consegnata la Compostela di metà cammino. 

Noi non facciamo eccezione come quasi tutti gli altri che si mettono in posa per la foto di rito. Quanto al documento del cammino rinunciamo anche perché arriveremo a Santiago. 

Andare in gruppo in realtà non è la definizione giusta perchè ognuno va con il proprio passo e poi ci si ritrova in qualche paesino intermedio o a fine tappa. Oggi ad esempio la sosta più lunga è a Bercianos del real cammino, a soli sette km da El Burgo Ranero. 

L’ostello in cui dormiamo è una struttura a donativo e dove si respira il clima dei pellegrini. Ragazzi molto giovani che cucinano a tutte le ore, anziani, con provenienze da tutto il mondo. 

L’ostello è intestato a Domenico Laffi, uno che di pellegrinaggi se ne intendeva molto avendone percorsi tanti lasciando documentazione delle sue gesta ormai di oltre 300 anni fa. 

La casa si trova in Plaza major ed è costruita in modo tipico con Adobe e legno. Molte abitazioni sono ancora fatte con questa mescola di paglia, pietre e fango sostenute poi da legno incrociati. 

Un ostello semplice gestito da volontari che sono ben contenti di accogliere le tante persone che bussano. Stanotte per la prima volta vediamo il cartello full/completo. In paese ci sono altre strutture ma pochi posti a prezzo basso. El Burgo Ranero è un passaggio importante perché rimane la porta di ingresso per Leon, anche se siamo ancora a 37 km dalla città. 

Stamattina primo disguido a causa della pioggia. Scarpe, plantari e calze zuppe con necessaria sosta per cambiare tutto, ma oltre venti chilometri con le solette tradizionali delle scarpe di riserva all’inizio erano una gioia, poi via via che procedo sento la differenza. Ma soprattutto la sente il mio alluce sinistro che mi ha costretto sei mesi fa a ricorrere ai plantari per via di una fastidiosa artrosi. Per ora tutto sembra a posto. Scoprirò domani se è proprio così. 

Si entra nella seconda parte del cammino. Con tanta energia seppur la stanchezza ogni tanto bussa forte. La ascolto e non la assecondo. Sa che ormai ha trovato uno che di indole è pigro, ma non cede a questa caratteristica. 

Stasera cena in un locale di fronte all’ostello. Niente confronti perché servono a poco. 

Intanto si gustano ancora i rientri e le partenze delle diverse coppie di cicogne che stazionano sopra il tetto della bella chiesa. 

Oggi 28 km  si esce definitivamente dalle mesetas e dalle campagne piatte per omaggiare la grande città di Leon. 

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

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Pubblicato il 29 Giugno 2018
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