Permessi per l’allattamento: spettano a mamme e papà
Fino a 2 ore al giorno di riposo dal lavoro servono a soddisfare le esigenze affettive e relazionali del bambino. Chi ne ha diritto e come richiederle
Si chiamano “permessi per allettamento”, ma non hanno nulla a che vedere con le esigenze alimentari dei neonati. E in molti casi spettano anche ai papà. Il Testo unico in materia di tutela e sostegno della paternità in questo punto è molto chiaro, e anche se le successive interpretazioni giurisdizionali delle Corti hanno optato per interpretazioni estensive del diritto di entrambi i genitori a passare più tempo con i figli piccoli, sono ancora pochi gli uomini che scelgono di avvalersene.
COSA SONO
I permessi per l’allattamento sono ore di assenza dal lavoro retribuite al 100%. Entro il primo anno di vita del bambino neonato, o entro il primo anno dall’adozione o dall’affido del piccolo, il genitore lavoratore dipendente può avere diritto a due ore al giorno di permesso se l’orario contrattuale di lavoro è pari o superiore alle 6 ore giornaliere. Ha diritto a un’ora al giorno di permesso se la giornata di lavoro dura meno di sei ore.
In caso di parto gemellare o in caso di adozione o affidamento di più minori, le ore di riposo sono raddoppiate.
Le due ore di permesso possono essere distribuite in vario modo. Ad esempio il lavoratore può fruirne consecutivamente (ad esempio uscendo in anticipo) oppure spezzarle nell’arco della giornata (un’ora al mattino e una al pomeriggio). La decisione va presa in accordo con il datore di lavoro, il quale non può rifiutarsi di concedere il permesso per allattamento ma può definirne le modalità di utilizzo.
CHI NE HA DIRITTO
Ne ha diritto un solo genitore che sia lavoratore dipendente. Di solito è la mamma a richiedere i permessi per l’allattamento, oppure può richiederla il padre purché sussista una delle seguenti condizioni:
– la madre lavoratrice dipendente sceglie di non avvalersene
– affido esclusivo del minore al padre
– morte o grave infermità della madre
– se la madre non è lavoratrice dipendente
Quest’ultimo punto è sempre molto dibattuto. L’interpretazione più comune da parte dei datori di lavoro è che la madre non lavoratrice dipendente è solo la madre lavoratrice autonoma e non anche la madre casalinga.
Ma nel corso degli anni le sentenze hanno dato ragione al padre in presenza di madre casalinga. Ad esempio la sentenza n.4618 del 2014 del Consiglio di Stato che, dando ragione al padre ha anche ricordato come “i riposi giornalieri, una volta venuto meno il nesso esclusivo con le esigenze fisiologiche del bambino, hanno la funzione di soddisfare i suoi bisogni affettivi e relazionali al fine dell’armonico e sereno sviluppo della sua personalità (Corte cost., 1 aprile 2003, n. 104); ed in tale prospettiva sarebbe del tutto irragionevole ritenere che l’onere di soddisfacimento degli stessi debba ricadere sul solo genitore che viva la già peculiare situazione di lavoro casalingo”.
COME RICHIEDERLI
La madre che intende beneficiare dell’indennità di riposo per allattamento deve presentare la domanda direttamente al datore di lavoro.
Qualora sia il padre a richiederlo, invece, la domanda può essere presentata anche all’Inps oppure usufruendo dell’assistenza gratuita di un patronato.
Unitamente alla richiesta va presentato il certificato di nascita del bambino, o una copia del provvedimento di adozione (o affidamento) o di qualsiasi altro documento dell’autorità competente da cui risulti la data di effettivo ingresso del minore in famiglia.
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