Il primo bacio dei figli
Una buona educazione affettiva aiuta i figli a scegliere il momento giusto. Non per emulazione, nè per obbedire ad una richiesta, il bacio è un intimo scambio di affetto, carico di emozioni indimenticabili

Il corpo cresce, la mente meno: è la preadolescenza. Cominciano le tempeste ormonali e quindi i primi innamoramenti e, talvolta, il primo bacio. Quell’emozione enorme che non si scorda mai.
Quando l’occasione si presenterà i ragazzi dovranno fare delle scelte, e il genitore non sarà lì a consigliarli. Saranno da soli a decidere qual è il limite di disponibilità che vogliono porre.
La risorsa più efficace, forse l’unica, a disposizione del genitore in tema di innamoramenti è l’educazione affettiva del figlio. Ed è valida sempre, dai primi baci in avanti. Un’educazione che parte da lontano e si costruisce giorno per giorno nella relazione, nella quotidianità, attraverso il dialogo e l’esempio che i genitori sanno offrire con il proprio comportamento, per aiutare i figli l’importanza della dimensione affettiva nella vita di ciascuno.
Di solito la prima domanda che un genitore si pone è: ma non sarà troppo presto? La verità è che non c’è un età giusta per il primo bacio. Ma spesso accade in preadolescenza, nel periodo delle scuole medie, un po’ per effetto delle spinte ormonali, ma anche per spirito di emulazione di amici e coetanei. Per questo è importante che i ragazzi siano abituati a pensare criticamente, consapevoli che le esperienze degli amici non devono essere un copione da seguire a tutti i costi. Che il bacio non è un esercizio di stile, o un traguardo, ma un segno intimo di affetto, o meglio il segno di uno scambio d’affetto, all’interno di una relazione ricca di emozioni. I ragazzi devono imparare ad ascoltare e riconoscere i propri bisogni e sperimentare solo ciò che si sentono pronti a fare, rispettando i confini che loro stessi si pongono. Devono imparare che non bisogna dire di sì solo perché gli è stato chiesto. In una relazione gli scambi di affetto non devono rispondere alla logica dell’obbedienza ma a quelli della scelta personale, altrimenti si diventa oggetto della relazione e non un soggetto. Sono Principi che valgono in tutte le relazioni affettive, non solo amorose ma anche di amicizia.
Perché i ragazzi agiscano secondo questi criteri è importante che i genitori mantengano con i figli un dialogo sempre aperto, che prende spunto da tutto ciò che ci circonda, dalle esperienze di amici e persone vicine alle notizie di cronaca, da film, libri, video, anche non condivisibili, che possono diventare l’occasione per stimolare i ragazzi a riflettere su come vedono certe relazioni, cosa ne pensano, come si sentirebbero in situazioni simili. Un esercizio di pensiero che aiuta la testa a ragionare e a non trovarsi impreparata davanti a situazioni nuove.
Se le prime cotte ci possono stare già in preadolescenza, è invece bene evitare le coppie esclusive, isolate rispetto al gruppo, perché creano situazioni in cui si rischia di sessualizzare precocemente la relazione, un passaggio per cui i preadolescenti sono ancora immaturi. Anche questo è un limite su cui l’educazione affettiva dei genitori deve essere chiara, per aiutare i ragazzi a capire che l’innamoramento è un percorso lungo, in cui si procede a tappe. In una relazione l’intimità si costruisce gradualmente con il rispetto dei tempi e dei desideri dell’altro, responsabilità ed empatia. Concetti difficili da comprendere in preadolescenza per l’immaturità di certe funzioni mentali.
Bisogna quindi insegnare ai ragazzi ad ascoltarsi e rispettarsi, che sappiano darsi tempo, senza ansia di correre, o peggio rincorrere qualcuno. Ai genitori nell’età della preadolescenza, il delicato compito di aiutare i figli a ritrovare sintonia tra il corpo, più sviluppato e la mente, più immatura in questa fase: il corpo deve prendersi tempo per aspettare la maturazione della mente.
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