Stazioni: i 18 milioni promessi e lo stop del Governo
Dal tardo pomeriggio di martedì 7 agosto si è tornati a parlare del piano di riqualificazione urbana del centro e del blocco dei finanziamenti necessari per attuarlo
Dal tardo pomeriggio di martedì 7 agosto si è tornati a parlare del cosiddetto piano di riqualificazione delle stazioni del centro di Varese e del blocco dei finanziamenti necessari per attuarlo.
Per comprendere meglio di cosa si tratta ripercorriamo le tappe che dall’inizio di questo progetto hanno portato all’emendamento approvato in Senato che, se confermato, ne rimanderebbe l’esecutività di due anni.
Nel 2016 il Governo italiano, allora guidato dal premier Matteo Renzi, ha messo a punto un bando molto corposo per promuovere progetti di riqualificazione nelle città molto ambiziosi.
Si chiamava “Bando per la presentazione di progetti per la predisposizione del Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia”.
Ad accedere ai fondi sono stati i comuni capoluogo e le città metropolitane tra le quali anche la città di Varese che ha presentato un progetto di riqualificazione diventato noto come “progetto stazioni” che ha un costo di 30 milioni di euro e un piano di intervento articolato sulla zona delle stazioni e del polo ospedaliero, oltre che di una serie di interventi ad esso collegati.
Varese, così come altre 120 città, si era aggiudicata i finanziamenti. Complessivamente stiamo parlando di 2,1 miliardi di euro di fondi statali cui si sono aggiunti le risorse regionali e i contributi privati per 4 miliardi di euro. La fetta per Varese è di 18 milioni di euro.
Da quando è stato raggiunto quel risultato il piano delle stazioni è diventato di fatto l’obiettivo più importante dell’amministrazione comunale che si è messa al lavoro per preparare la documentazione e rendere esecutivo il progetto con tappe forzate per l’apertura dei cantieri già alla fine del 2018.
Il Comune di Varese ce l’aveva fatta, tanto che il 6 agosto aveva spedito il piano esecutivo all’unità di missione di Roma, un passaggio che avrebbe consentito entro la fine del mese di bandire le gare per l’esecuzione dei lavori.
La doccia gelata è arrivata 24 ore dopo quando si è diffusa la notizia che all’interno del decreto “Mille proroghe” era stato approvato un emendamento che congela per due anni il trasferimento dei fondi necessari a finanziare i progetti del Piano Periferie e dunque anche i 18 milioni destinati a Varese. Sull’emendamento c’è stata anche una votazione controversa che riguarda il PD.
L’approvazione in Senato non è definitiva ma è molto complicato che cambi, anche nel successivo passaggio alla Camera, perché, come spiegano i due leghisti Matteo Bianchi ed Emanuele Monti, è frutto di una decisione specifica.
I fondi del progetto, è la sintesi della spiegazione data dai due esponenti del Carroccio, saranno bloccati per due anni in modo da permettere di sbloccare immediatamente gli avanzi di amministrazione potenzialmente di tutti gli 8000 comuni d’Italia.
Una decisione che ha gettato nello sconforto l’amministrazione varesina guidata da Davide Galimberti che, dal canto suo ha scritto anche al Sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti per chiedere di ripensarci:
Scrive il sindaco: “Il finanziamento del bando periferie rappresenta, nella storia del Comune, il più significativo trasferimento diretto di risorse dallo Stato a favore del Comune di Varese per un intervento che ricade nei confini cittadini ma che in verità ha una valenza ben più ampia e sarebbe davvero singolare che il rinvio o peggio l’eliminazione dell’erogazione del finanziamento avvenga ad opera di una forza politica, la Lega, che ha sempre fatto del mantenimento delle risorse sul territorio un cavallo di battaglia”.
Anche l’Anci Lombardia ha protestato spiegando, per voce del presidente Virginio Brivio, che “non è possibile pensare allo sviluppo del Paese se non si può contare sulla certezza delle regole e sulla garanzia della continuità dei progetti avviati. Inoltre a nulla vale che con tale misura si alimentino ulteriori spazi finanziari per i Comuni, perché non si tratta di risorse nuove essendo sottratte da programmi già avviati”.
Il blocco interessa 96 amministrazioni comunali italiane, ovvero tutte quelle che non avevano ancora reso esecutivo il progetto.
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