Per le candidature in Provincia un quadro ancora incerto
Sono 59 i nomi dei sindaci papabili presidente per una poltrona che in pochi invidiano. Non ci sono candidature ufficiali e i partiti dovranno tenere conto delle componenti civiche
Abbiamo visto come la situazione istituzionale degli enti provinciali sia molto incerta ma le cose non migliorano se guardiamo al quadro politico.
A due mesi dalla data del voto, che non si può ancora considerare definitiva, nessuna strategia è uscita allo scoperto e tantomeno nessuna candidatura è stata ufficializzata.
Se venisse confermato il vincolo contenuto nella legge elettorale, che impone ai candidati di essere sindaci con almeno 12 mesi di mandato amministrativo davanti, avremmo ben 59 nomi papabili in provincia, compresi i 5 big delle città più grandi Davide Galimberti, Emanuele Antonelli, Andrea Cassani, Alessandro Fagioli e Nicola Poliseno.
Proprio il nome del cassanese Poliseno, insieme a quello del sindaco di Somma Lombardo Stefano Bellaria, hanno cominciato a circolare sulla stampa anche se entrambi negano di saperne qualcosa. Con loro, per completare il “gioco” del toto nomi, circolano anche quello del leghista Alessandro Fagioli e del sindaco di Daverio Franco Martino.
Più che concentrarsi sui nomi, però, in questa fase è opportuno delineare il contesto entro il quale i partiti stanno preparando la loro strategia.
Una poltrona che scotta
Il primo elemento da considerare è che quella del Presidente della provincia, alle attuali condizioni istituzionali, è una poltrona tutt’altro che ambita. Le responsabilità sono molte, così come le critiche potenziali, mentre è poca la libertà d’azione perché le province sono state svuotate di molte competenze e di altrettante risorse.
Il peso dei civici
Un altro tema da tenere in considerazione è che per come sono composte oggi le amministrazioni comunali le componenti civiche, ovvero che non rispondono direttamente alle segreterie dei partiti, rivestono un peso fondamentale.
La posizione poco ambita e l’importanza dei civici rendono dunque difficile immaginare a candidature strettamente partitiche e lasciano pensare che all’interno delle segreterie in questa fase si stia pensando a nomi in grado di tenere insieme le due cose.
L’asse nel centrodestra
Tenuto conto dei punti precedenti esistono poi delle condizioni particolari nei diversi campi da gioco dei partiti. In quello del centrodestra ci sono numerose incognite.
L’asse Lega-Forza Italia: a dispetto dell’orizzonte nazionale, nel quale si fatica a riconoscere la vecchia intesa tra i due partiti, a livello locale tutti i protagonisti hanno detto in questi mesi che l’alleanza resta solida. Ci sarà da capire se il nome del candidato sarà leghista o forzista, se su questo ci sarà un braccio di ferro oppure se si cercherà un nome in grado di abbracciare le componenti civiche. Forza Italia potrebbe definire meglio la sua linea giovedì 13 settembre quando è convocato un direttivo del partito.
Noi con l’Italia: In che modo sarà della partita il movimento che in provincia a come punto di riferimento l’assessore regionale Raffaele Cattaneo? Alle scorse elezioni proprio Cattaneo fu determinante a definire il risultato ma il quadro politico era completamente diverso e oggi è un’assessore della Giunta regionale di centrodestra dove Governa con la Lega e Forza Italia.
Il Partito Democratico
Per il partito è sicuramente uno dei momenti di massima difficoltà. Fino ad oggi ha ricoperto un ruolo determinante nell’amministrazione ma rispetto a quando contribuì alla vittoria di Gunnar Vincenzi il vento è completamente cambiato. Inoltre, il Pd deve rinnovare i propri direttivi a tutti i livelli, da Roma a Varese, e anche per questo sono quelli che con più forza sostenevano lo slittamento delle elezioni. Non ci sono nomi che trapelano in questa fase ma lunedì 10 settembre ci sarà un direttivo che definirà meglio la linea. Poi dovrà esserci il confronto con il gruppo dei “Civici e democratici”.
Il Movimento 5 stelle
Il Movimento 5 stelle, ovvero il partito che alle ultime elezioni politiche ha preso più voti nel Paese, è paradossalmente fuori dai giochi per propria decisione. Il consigliere regionale Roberto Cenci conferma che non si stanno muovendo sull’orizzonte elettorale provinciale semplicemente perché sono contro le province. Alla fine dello scorso anno Luigi Di Maio disse: «con noi al governo faremo tre righe di riforma costituzionale che abolisce la parola province dalla storia del nostro paese».
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