Di Maio convince Tria: 2,4% e reddito di cittadinanza
Il ministro delle Finanze aveva detto che non sarebbe andato oltre l'1,6%. Ora ci sono i 27 miliardi per la manovra ma anche il rischio di una procedura di infrazione da parte di Bruxelles
Alla fine Di Maio e Salvini ce l’hanno fatta, imponendo al ministro delle Finanze Giovanni Tria la soglia del 2,4% nel rapporto tra deficit e Pil. L’accordo, necessario per l’approvazione del Def (Documento di programmazione economico finanziaria), è arrivato dopo un lungo vertice al quale hanno partecipato i due vice presidenti del consiglio, il premier Conte, il ministro Paolo Savona e lo stesso Tria. Quest’ultimo nei giorni scorsi aveva detto che non avrebbe mai sforato l’1,6% nell’interesse della nazione e del popolo italiano. Ragione per cui ora in molti si aspettano le sue dimissioni.
Un mezzo punto percentuale in più su un debito enorme come quello italiano, che sfiora ormai i 2.350 miliardi, significa infatti svariati miliardi di euro necessari per finanziare il contratto di Governo, ma anche la quasi certezza che la Commissione europea aprirà una procedura di infrazione su questa legge di bilancio. Forse però era proprio questo che volevano Di Maio e Salvini, cioè andare allo scontro con Bruxelles. Lo stesso Mario Draghi, nei giorni scorsi, aveva invitato gli esponenti del Governo a non fare dichiarazioni avventate per evitare l’innalzamento dello spread che significa pagare molti più interessi sul debito.
Ricordiamo che il tetto del rapporto tra deficit e Pil al 3% fu stabilito dal trattato di Maastricht nel lontano 1992. L’asticella dell’1,6%, posta inizialmente da Tria ai due viceministri, corrispondeva probabilmente alle aspettative di Bruxelles che negli ultimi dieci anni ha sempre chiesto all’Italia grande cautela nelle manovre finanziarie, con più tagli alla spesa pubblica e meno debito. (nella foto Di Maio esulta dopo l’accordo)
Lega e 5Stelle hanno così i 27 miliardi di euro necessari per riformare la legge Fornero, realizzare il reddito di cittadinanza, attivare i fondi per i risparmiatori coinvolti nelle crisi bancarie, procedere con il taglio delle tasse al 15% per oltre un milione di lavoratori autonomi, chiudere le cartelle di Equitalia e fare gli investimenti per le infrastrutture. Il Governo quindi finanzia tutta la sua manovra ricorrendo al debito senza aumentare l’Iva.
La parola ora passa ai mercati. All’apertura della Borsa si capirà se hanno gradito o meno una manovra che andrà a pesare ancora su un debito pubblico, diventato ormai quasi insostenibile.
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Mi spiace per Tria che si è fatto convincere, purtroppo queste scelte avventure le pagheremo noi e i nostri figli.
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