Il pizzaiolo che dice due volte “no” e denuncia i suoi estorsori
Dopo un incidente stradale l’esercente si rifiutò di firmare una falsa attestazione. Per questo si scatenò la vendetta di una gruppo di malavitosi. Oggi gli arresti
Essere al posto sbagliato e con le persone sbagliate può diventare un incubo ma anche trasformare un onesto pizzaiolo di origini straniere in un piccolo grande eroe moderno della legalità, un esempio capace di denunciare i suoi aguzzini, senza piegarsi alle minacce.
Ma attenzione: qui non c’è di mezzo il classico “pizzo” sul locale gestito da anni a Ferno: tutto parte infatti da un incidente stradale avvenuto la sera del 24 febbraio 2017 in cui rimase coinvolto un parente di uno dei due arrestati questa mattina con l’accusa di estorsione.
Succede che al momento di definire gli estremi del sinistro l’esercente di origini egiziane scopre che l’altro conducente – 53 anni di Cirò Marina – ha la patente revocata, e per questo amici e parenti legati a doppio filo ai tentacoli della criminalità organizzata calabrese gli presentano il modello con la constatazione amichevole già compilato dove figurano gli estremi di una terza persona, con patente, ma estranea ai fatti.
Il pizzaiolo rifiuta di prestarsi al gioco e per tutta risposta, la sera stessa, riceve la visita di un gruppo di persone che gli devastano il locale, e lo malmenano: vengono chiamati i carabinieri e l’esercente presenta denuncia verso cinque persone per danneggiamenti.
Poco dopo comincia il rituale della mala, che diventa commedia di gesti e parole studiate apposta per intimorire.
Viene mandato dai calabresi un “emissario” che detta condizioni precise: «Devi tenere chiusa la pizzeria fino a che non ritiri la denuncia e fino a che non ci dai 50 mila euro».
Viene invocata la vicinanza al mondo brutto, quello della criminalità organizzata calabrese.
«Quello che avevamo da dire te l’abbiamo già detto. Fai così, altrimenti chiamiamo quelli che arrivano dal paese».
Ma il giovane esercente dice “no” per la seconda volta.
E ancora e si rivolge ai carabinieri che iniziano una precisa attività di indagine che chiude pian piano il cerchio attorno a due persone.
Si tratta nello specifico dello stesso mediatore mandato a negoziare col pizzaiolo, A.N., 69 anni e del parente della persona in origine coinvolta nell’incidente stradale, C.G., quarantesettenne. Entrambi sono di Cirò Marina e con precedenti penali.
Stamattina all’alba, 4 settembre, sono scattate le manette: i carabinieri hanno dato esecuzione all’ordine di custodia cautelare emesso dal gip di Busto Arsizio. Sono state eseguite le perquisizioni domiciliari e a casa del più anziano degli arrestati è stata rinvenuta una replica di una pistola calibro 9 senza tappo rosso, munizioni calibro 22, e calibro 12 per fucili da caccia oltre ad un pesante randello “professionale”, in legno, appositamente predisposto per spaventare, e nel caso ferire.
Un episodio emblematico, cartina tornasole del clima che si respira in diverse aree della provincia di Varese dove la contiguità col mondo criminale organizzato emerge e presenta il conto con una certa spavalderia, alla luce del sole, senza troppi timori di attirare l’attenzione delle forze dell’ordine.
Per questo l’operazione portata a termine dagli uomini del capitano Marco D’Aleo, comandante della compagnia di Busto Arsizio (e quindi dei militari della stazione di Lonate Pozzolo), solo a prima vista può rubricarsi nella galassia di quegli “episodi minori” di cui è costellata la quotidianità di una provincia ricca e produttiva. Che proprio per questo, e da tempo attira appetiti di controllo del territorio da parte delle grandi famiglie di malavita.
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