Tra i ragazzi della via Pal e l’Onu c’è l’Italia
Di Pier Fausto Vedani
Nella valutazione quantitativa del fenomeno possiamo fermarci anche alla sola Italia, ma oggi mezzo mondo , travolto da furore libertario d’espressione, spesso si presenta come una Porcilandia audiovisiva e scritta. Diventano allora ancora più teneri i ricordi legati agli educatori che, in famiglia e a scuola, si impegnavano per consegnare all’adolescenza e agli anni più importanti della formazione, ragazzi preparati gradualmente alle realtà che li attendevano.
Non era compito facile perché natura e istinto erano formidabili agenti provocatori. Per esempio ai miei genitori piaceva che fossi un lettore a dir poco scatenato, di conseguenza sempre si cautelarono selezionando i libri della biblioteca di casa nella quale mai comparirono testi adatti agli adulti. E fu in seguito a un trasloco che mi imbattei nella biblioteca “segreta” di casa che al tempo del ginnasio mi avrebbe fatto conoscere un mondo ben diverso da quello che mi circondava.
Avendo gustato come tutti i giovani degli Anni 30 “I ragazzi della via Pal”, scritto dall’ungherese Molnar, cominciai a saccheggiare il tesoro trovato con “Un’avventura a Budapest” di Kormendi, lettura non scandalosa in assoluto, ma adatta a chi aveva almeno due volte la mia età. Ci sarebbero stati due momenti cruciali per un curiosissimo scorridore di biblioteche per adulti: l’impatto con Lawrence e il suo “L’amante di lady Chatterley” proibito in Inghilterra perché demoliva una classe sociale che doveva apparire sempre inappuntabile, anche sessualmente.
A quei tempi non sapevo poi che mio papà fosse “tenuto d’occhio”: infatti, importante dirigente di una grande azienda, non si era mai iscritto al partito fascista. E non sapevo che leggendo “Mein kampf”, la mia lotta, di Hitler, egli ne avesse commentato a matita alcuni passaggi. Se, nel caso di una perquisizione, sempre possibile, avessero trovato il libro con le feroci ironie, come minimo ci sarebbe scappata la deportazione.
Alcune letture mi ispirarono una forte simpatia per gli ungheresi e per Budapest. Negli Anni 50 la loro rivolta contro i sovietici- protagonisti i comunisti che amavano la loro patria- avrebbe rinfocolato questi sentimenti, nel tempo poi mi sarebbe riuscito di visitare bene i tre paesi e lo loro capitali, riferimenti di un impero un tempo potente.
Vienna, Budapest e Praga non ho smesso di conoscerle e capirle bene perché sono state e sono importanti per la storia europea. Non ho cambiato parere su Budapest e gli ungheresi, ne deriva che oggi non mi riesce di condannare del tutto le alzate di Orban, soprattutto se ricordo le lotte e i sacrifici di un popolo che oggi presenta il suo passato a un’Europa che vuole mostrarsi potente e inflessibile nel pretendere e nel non dare nei rapporti con i compagni di viaggio meno autorevoli. E che hanno sottoscritto un impegno al quale non possono sottrarsi.
In tutta la vicenda dei migranti su parte dell’azione dell’Europa ci sono state ombre di viltà politica, di opportunismo, di egoismi, ma nelle singole comunità anche di incapacità di valutare i veri interessi del loro Paese, preferendo soluzioni di stampo partitico locale a scelte realistiche, cioè correttamente rapportate alle reali disponibilità della comunità nazionale.
Tra costoro ci siamo pure noi zelanti italiani, divisi e nemici come sempre, che da secoli ci facciamo bastonare non da avversari superassi, ma semplicemente più furbi e opportunisti. Per la salute della nostra democrazia da anni c’è la girandola dei governi , che fatica a trovare un coro: siamo un popolo di solisti, ma come tali potremmo almeno fare qualche positivo assolo perché – fatte le debite proporzioni – da noi ci sono molti gestori inadeguati in meno rispetto all’Europa e all’Onu.
E proprio dall’ONU arriva l’ultima alzata d’ingegno contro l’Italia, uscita da pochi mesi dal tunnel di una gestione di sinistra: una donzella dell’ONU, dicono di puro stampo progressista, ci vuole indagare per razzismo e violenza…
Sono situazioni che quanto meno infastidiscono e autorizzano a mandare qualcuno con vigore a quel paese, magari accompagnato da un “vaffa”: mi scuso per la volgarità, ma la notizia è autentica , il vaffa per sentenza della Cassazione non è più ingiurioso ma deve essere valutato come un semplice “Mi annoi, mi disturbi, togliti dai piedi!” Poiché dall’Onu e dall’Europa ci attendiamo ben altro penso che una vaffata alla “compagna” sudamericana, che ci vuole egoisti e violenti persecutori , ci starebbe tutta.
Non fosse altro per distinguerla bene dalle molte signore, la loro totalità anzi, che ho trovato a Varese nei miei anni da cronista. Dalle insegnanti alle rosarianti, alle ex giovanissime staffette partigiane. Era il loro un credo politico ovviamente diverso, contrapposto. Ma sempre presentato nel segno della civiltà, della lealtà nella competizione. Sono state un esempio per tutti. E oltre alla città ne hanno tratto beneficio anche i maschietti in gara.
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