Namastè, ecco l’India del caffè
La quarta puntata del viaggio di Giancarlo Samaritani e della moglie Silvia
Giancarlo Samaritani e la moglie Silvia ci portano in un nuovo viaggio “da mercanti”. Questa volta la meta è l’India del caffè. Ecco a voi la quarta puntata:
“Namasté” si comincia così, con le mani che si uniscono all’altezza del cuore quale cenno di riverenza. Gli indù utilizzano la parola “namasté” come forma di saluto o di arrivederci, ma anche per ringraziare oppure in segno di rispetto.
Siamo finalmente giunti alla meta, è qui che intendo svolgere la mia ricerca, tra le piantagioni. Ecco quindi che l’ultima parte della nostra esplorazione in India è dedicata alle fertili terre collinari del sud, tra le piantagioni di tè, caffè e spezie di ogni tipo, per poi raggiungere le bianche spiagge della leggendaria costa del Malabar, detta appunto la costa delle spezie.
L’intero territorio del Malabar offre una rigogliosa vegetazione tropicale, oltre ad essere la culla del pepe nero, del cardamomo e della curcuma, tre spezie che da sole rappresentano il profumo dell’India.
Non è il regno dorato dei Maharaja, bensì l’umile mondo dei contadini che probabilmente darà risposta a ciò che cerco inseguendo le origini del caffè.
L’India occupa una posizione rilevante tra i paesi produttori, infatti in una classifica che a volte può variare, dopo Brasile, Vietnam, Colombia, Indonesia ed Etiopia troviamo l’India con un prodotto di eccellente qualità e domanda in aumento.
Le piantagioni si trovano nei tre stati meridionali: Karnataka, Kerala e Tamil Nadu.
In particolare Korg e Chikmagalur in Karnataka e Munnar e Waianad in Kerala sono le zone più tipiche della produzione di arabica.
Interessante la storia che narra dell’introduzione del caffè in India.
Per secoli il segreto della nera bevanda è stato gelosamente e severamente custodito dai popoli islamici mediorientali che ne apprezzavano le proprietà stimolanti, era assolutamente vietato esportare semi fertili.
Si narra così che in India la diffusione delle coltivazioni sia da attiribuire ad un religioso indiano di nome Baba Budan il quale trovandosi in pellegrinaggio alla Mecca apprezzò le proprietà del caffè fino al punto di rischiare le severissime punizioni previste in quell’epoca contrabbandando 7 semi di caffè.
Tornato al suo paese li seminò sulle colline del Karnataka dando origine alle attuali estese piantagioni.
Le caratteristiche dei caffè indiani dipendono da diversi fattori tra cui la mutazione organolettica causata dal passaggio dei monsoni che caratterizza un tipo di caffè definito appunto monsonato.
Sembra che tutto sia avvenuto per caso, come spesso capita.
Nell’ottocento i velieri britannici che portavano il raccolto di caffè dalle Indie ci mettevano mesi di navigazione per arrivare a Londra, così a causa della salsedine e dell’umidità che si creava a bordo per le forti piogge i chicchi giungevano al porto ricoperti di una patina giallastra che non era altro che muffa.
Tuttavia la bevanda che ne derivava aveva un gusto corposo e speziato particolarmente gradito agli avventori inglesi.
Quando, grazie all’avvento delle navi a vapore ed all’apertura del canale di Suez, i trasporti diventarono più veloci il caffè non aveva più lo stesso sapore e non piaceva più.
I produttori indiani ebbero così l’esigenza di ricreare condizioni di umidità tali da ottenere le caratteristiche richieste, e ci riuscirono.
Oggi, sulle coste del Malabar, i chicchi di caffè sono regolarmente esposti all’umidità prodotta dal passaggio dei monsoni prima di essere esportati verso i paesi consumatori.
La preparazione tipica consiste nel far bollire in acqua zuccherata qualche chicco di caffè macinato finemente, quando l’infuso raggiunge l’ebollizione viene filtrato e travasato più volte per essere ossigenato. A volte si usa il latte al posto dell’acqua per ottenere una bevanda corroborante e nutriente.
Ho conosciuto un India colorata e odorosa, parecchio confusa ma al contempo armoniosa, dove le emozioni dei sensi vengono continuamente sollecitate da una moltitudine di contrastanti colori, profumi, sapori, caos e pace, realtà ed illusione, non mancano i contrasti, i ricchi sono ricchi ed i poveri sono tanti, poi c’è la suddivisione in caste che certamente non migliora la situazione, ma tutti manifestano una cordialità diffusa.
Tutto questo è soltanto un sottile spicchio di quell’incredibile India che vorrei continuare a conoscere.
Tutti i documentari della serie In viaggio col mercante
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