Piccolomo parlerà in aula assieme alla moglie
Nella prossima udienza verrà ascoltato dalla Corte d’assise di Varese dove è imputato per la morte della prima moglie Marisa Maldera
Potremmo definirlo un passaggio tecnico, quello di oggi, che anticipa di una delle giornate sicuramente decisive per il processo che da mesi si sta celebrando a Varese per la morte, nel 2003, di Marisa Maldera, moglie di Giuseppe Piccolomo imputato per l’omicidio volontario della donna (nella foto di repertorio l’imputato assieme al difensore, Stefano Bruno).
Sarà difatti a metà novembre che la corte interrogherà l’imputato, che in aula non sarà solo: è difatti previsto l’interrogatorio, come teste, anche della attuale moglie di Piccolomo, Thali Zineb.
È lei che già dalla scorsa udienza campeggiava assieme ai volti dei figli stampati sulla maglietta indossata dall’uomo dietro le sbarre, oggi apparso particolarmente affaticato e con la mano e il braccio sinistro tremanti.
Questa mattina, venerdì, l’udienza è stata molto breve ed è stato ascoltato il professor Antonio Osculati, medico legale di Pavia che si è occupato di valutare nuovamente gli esami fatti sul corpo della donna – i vetrini contenenti campioni di sangue, urine e materiale istologico.
Osculati ha confermato la causa del decesso da ascriversi alla cosiddetta «morte tra le fiamme», col corpo della povera donna «esposto ad alte temperature e che era ancora in vita al momento della morte», seguita all’aspirazione di alte percentuali di prodotti della combustione.
Queste le risultanze della percentuale di carbossiemoglobina trovata nel sangue, che ammonta a 38 milligrammi per litro. Il tempo del decesso potrebbe essere stato di alcune decine di secondi, proprio per via dell’alto calore sprigionato.
Ripercorse in parte anche le valutazioni esposte dalla tossicologa Cristiana Stramesi in merito alla presenza nelle urine del Lorazepam, un farmaco della categoria delle benzodiazepine che, se non porta alla morte, può causare un forte obnubilamento dei sensi e una condizione di stordimento di un assuntore abituale.
Il secondo teste ascoltato in aula nella mattinata di oggi è un appuntato dei carabinieri della stazione di Laveno Mombello che quella note del febbraio 2003 era sulla pattuglia di servizio e che arrivò a Caravate «quando le fiamme nell’auto erano alte 4 metri e un uomo ci venne in contro per dirci che nell’auto c’era la moglie che bruciava».
La prossima udienza è stata fissata per il 16 di novembre.
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