Un anno fa scoppiava l’incendio sul Campo dei Fiori
Esattamente un anno fa iniziava l'incendio che per una settimana bruciò più di 200 ettari di bosco sul Campo dei Fiori. Un gesto criminale che però ha dato avvio anche ad una grande gara di solidarietà
Erano le 11 del mattino di esattamente un anno fa quando dal Campo dei Fiori si sono innalzate le prime colonne di fumo. In quel momento nessuno poteva immaginare cosa sarebbe diventato quell’incendio: 7 giorni di fiamme, ettari di bosco distrutti ma anche una grande risposta delle comunità che vivono attorno al monte.
Notte e giorno, gli occhi di tutti erano sempre puntati verso il pendio. Da lontano si vedevano solo fumo e fuoco levarsi nel cielo e gli sguardi seguivano le rotte di elicotteri a Canadair. Ciò che non si vedeva era il duro lavoro che centinaia di uomini e donne, vigili del fuoco e volontari, hanno portato avanti sulla linea del fuoco. È stata proprio lì la grande battaglia, lunga e snervante. Di giorno il fuoco arretrava e si conteneva ma di notte, alimentato dai venti e forse da qualche mano criminale, tornava a riguadagnare terreno.
È andata avanti così, per una settimana. Ma mentre il tempo passava e la battaglia infuriava, la macchina della solidarietà ha iniziato a mettersi in moto. Così il campo base da cui si coordinavano le operazioni è diventato meta di pellegrinaggio di chi, non potendo aiutare sui monti, voleva comunque mostrare il suo affetto: the caldo, torte, caffè e anche disegni dei bambini hanno iniziato a dare conforto a chi lottava per salvare la montagna.
E con i passare dei giorni nomi, sigle, facce e storie iniziarono a diventare familiari a tutti. Come i due volti di Alessandro De Buck e Dario Bevilacqua, i due DOS -direttori delle operazioni di spegnimento- che a turni di 24 ore gestivano gli uomini sulla montagna ma che riuscivano a ritagliare un momento per raccontare a tutti quello che stava succedendo. O come Paolo Ferrari, il giovane chef che da pochi mesi aveva preso in mano la Pensione Irma e che adesso viveva l’incubo di vedere il suo sogno andare in fumo.
Una caffettiera dietro l’altra, un thermos dopo l’altro qualcuno ha iniziato anche a mettere mano al portafoglio. Quello che tutti sapevano è che presto o tardi l’incendio sarebbe stato spento ma che bisognava ripartire il più velocemente possibile per sanare le ferite. Raccolte fondi, mobilitazioni, giornate di volontariato e donazioni aziendali hanno permesso di mettere in moto tutta una serie di attività che hanno già iniziato a curare il monte.
Ma la strada è ancora lunga e gli effetti del fuoco si fanno vedere, specialmente quando piove. A valle del monte il dissesto idrogeologico che si è lasciato dietro l’incendio è una piaga che ancora oggi con colate di fango e detriti ricorda a tutti la fragilità della montagna, ad ogni temporale. E in tutto questo, purtroppo, la mano che ha appiccato le fiamme non è ancora stata individuata.
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