Angela, da vent’anni al 118: “Amo il mio lavoro, ma a volte le emozioni lasciano il segno”
Angela Cirigliano è in servizio alla centrale 118 di Varese dal 1997. Il suo lavoro è fatto di concentrazione, adrenalina e professionalità. Ma anche di forti emozioni da gestire
![Incidente sulla provinciale a Bodio](https://www.varesenews.it/photogallery_new/images/2015/12/incidente-sulla-provinciale-a-bodio-503395.610x431.jpg)
«Il suono della sirena è il nostro segnale. Lasciamo ciò che stiamo facendo e andiamo al computer. Leggiamo il “dispatch” che ci dice il codice colore: è giallo se uno solo dei due parametri vitali (respiro e coscienza) è assente, rosso se lo sono entrambi. Quindi ci prepariamo e raggiungiamo la macchina. Il tragitto è il momento in cui ci prepariamo mentalmente all’azione. Situazioni programmate con processi di intervento già codificati».
Angela Cirigliano è un’infermiera del 118 di Varese. È arrivata alla centrale di soccorso nel 1997, proprio quando venne aperta. Aveva già alle spalle quasi dieci anni di pronto soccorso: un’esperienza che le permetteva di entrare nel nuovo sistema di emergenza : « Per me è stata una scelta naturale. Ero curiosa e l’urgenza mi appassionava – racconta Angela – Questo lavoro mi piace ancora oggi e sono molto contenta di aver preso vent’anni fa la decisione. È un impegno che mette a dura prova: si esce con qualsiasi tempo, caldo, freddo, tempeste. Sempre con la nostra divisa anche in piena estate, perchè fa parte dei sistemi di sicurezza. Si esce in sirena sirena per fare il nostro dovere: la concentrazione è massima e non c’è tempo per riflettere su cosa o chi incontrerai».
In tutti questi anni Angela ha vissuto molte e diverse esperienze : « Non ho mai avuto paura per me stessa. Quando arrivi sul posto sei talmente impegnato a svolgere il tuo lavoro che non pensi ad altro. I problemi possono sorgere dopo: quando occorre rielaborare ciò che è stato, raccogliere le emozioni dei protagonisti, di amici e parenti. Affrontare lo strazio davanti alla morte inevitabile è sempre estremamente difficile. Ci sono momenti in cui è davvero dura e si rischia di affondare…»
Il “burn out” degli operatori sanitari, medici, infermieri, tecnici e volontari, è uno dei maggiori rischi di questa professione. Per questo è stato istituito il progetto “benessere in emergenza”, una sorta di sportello di ascolto tra pari per sfogarsi e buttar fuori rabbia, frustrazione e dolore prima di venir sopraffatti. Angela fa parte dell’equipe creata quasi 15 anni fa proprio nel 118 di Varese e poi diffusa a tutte le altre centrali lombarde: « Ho ricevuto una formazione per la gestione di stress ed emozioni. Chi sente la necessità, mi chiama per una chiacchierata: di fatto io ascolto e accompagno nell’elaborazione del proprio dolore. Non è un servizio richiesto come dovrebbe, andrebbe utilizzato maggiormente. È fondamentale riuscire a parlare delle proprie emozioni, soprattutto quando il coinvolgimento emotivo è tale da rischiare il tracollo psicologico».
Agli operatori, pronti al soccorso, la morte del paziente può provocare una crisi profonda davanti ai bambini, allo strazio dei genitori, alle scene più drammatiche degli incidenti : « Ti assale un senso di impotenza, di inutilità che non ha motivo di esistere ma che è inevitabile quando sei dentro l’esperienza. Non si può dimenticare che siamo umani e che ogni storia ci lascia un segno, con la sua fisicità ma anche con le emozioni. Soccorrere qualcuno, vuol dire entrare nel suo mondo».
Per non rimanere attaccati al senso di inadeguatezza occorre affrontare e metabolizzare ciò che è stato: parlarne con gli altri è una riposta, chiudere tutto in un cassetto può lasciare una ferita nell’anima.
Questo è il rischio più grande di un lavoro che regala anche molte soddisfazione: « L’adrenalina che sale quando si parte in missione, la concentrazione sulle attività che devono essere fatte, ma anche lo spirito di gruppo che si crea anche con le altre divise sul campo: tutto questo ci aiuta ad affrontare ogni situazione e a superare le emozioni forti. Non sempre riusciamo a salvare vite, ma diamo sempre il massimo per farlo. Amo moltissimo il mio lavoro e sono contenta della scelta fatta vent’anni fa».
Sulla strada si incontra di tutto. Ma in missione non c’è tempo per pensarci.
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