La settimana di attesa del campo sinti. Gli abitanti vogliono manifestare in piazza
Salvini saluta con entusiasmo la settimana dello sgombero, tra le case mobili regna la preoccupazione in vista del 23 novembre. "Non sappiamo dove andare, non è vero che siamo ricchi come dicono in tv". Previsto anche un corteo
È arrivata la settimana decisiva, per il campo sinti di Gallarate. La data fissata per lo sgombero – il primo giorno utile, per la precisione – è il 23 novembre, venerdì.
«È finita la pacchia!» ha esultato su Twitter il ministro dell’Interno Matteo Salvini, rilanciando il servizio sul tema di Fuori dal coro, trasmissione di Rete4 condotta da Mario Giordano. La presa di posizione del sindaco Andrea Cassani ha trovato ampio spazio anche su Libero, che ha intitolato “il sindaco che fa pagare lo sgombero ai rom” (che però sono sinti). Per il resto la posizione di Cassani rimane quella già definita mesi fa: l’intero campo è un abuso edilizio.
La vicenda è aperta dal 2011, quando l’amministrazione Mucci iniziò l’iter per sfrattare le famiglie sinti dal campo di via Lazzaretto, che lo stesso Comune di Gallarate aveva allestito nel 2007, sulla base di un accordo con le stesse famiglie che prevedeva la sosta per un anno. Le famiglie dicono che era stata garantita una permanenza anche successiva, dal 2010 il Comune con l’amministrazione PdL si è attivato per lo sfratto, inizialmente ci furono sospensive e poi lo sfratto fu “congelato” (non eseguito) negli anni del centrosinistra. All’inizio del 2018 l’amministrazione Cassani ha invece cambiato strategia e ha deciso di contestare il campo come abuso edilizio, bypassando la questione dell’alloggio.
Qualche sopralluogo per lo sgombero si è fatto già nella settimana passata, discretamente, controllando i movimenti ai margini del campo. Perché l’operazione è delicata, si parla di un’ottantina almeno di residenti. «Almeno una quarantina sono bambini e ragazzini»dice Ivan Tribini, uno dei capifamiglia. «Se succede qualcosa, la responsabilità è del sindaco». In via Lazzaretto c’è molta preoccupazione per quel che succederà nei prossimi giorni: soprattutto alcune famiglie – quelle che mandano i figli a scuola, che si sentono già inseriti nel contesto cittadino – vivono con particolare angoscia l’idea di perdere la casa e la stabilità.
«I bambini hanno paura, quando vanno a scuola: hanno paura quando tornano di non trovare più la loro casa» dice Alessio Ferrari, uno dei capifamiglia, ripetendo una delle richieste già venute in passato (anche per distinguere le posizioni delle stesse famiglie). ««Noi siamo disposti a togliere tutti i container, vorremmo i contatori per ogni famiglia e un forfait per le spese, per pagare». Ma il sindaco è stato un muro». «È vero che noi siamo in arretrato – aggiunge un altro capofamiglia, appena rientrato dal cantiere edile dove lavora – ma il sindaco non dice che noi avevamo proposto di pagare gli arretrati e i rifiuti, ognuno per la sua piazzole. Qui non ci sono abusi perché non ci sono case in muratura, non sono case». Nel frattempo i rifiuti si stanno accumulando all’ingresso del campo, i residenti di via Lazzaretto dicono che non si fa più raccolta.
Le famiglie sinti vogliono anche manifestare per far sentire la loro voce, hanno fissato la data per il 21 novembre, due giorni prima della data per lo sgombero. Lamentano anche l’informazione che è stata fatta sul campo: «Abbiamo visto il servizio in televisione di Mario Giordano: hanno detto che siamo ricchi, ci hanno chiamato rom e non lo siamo» dice Ivan Tribini (Giordano è un po’ impreciso, nel 2016-2017 era già stato richiamato dall’Ordine dei Giornalisti per un fatto di cronaca). «Hanno detto che avevamo la piscina ed era solo una piscina gonfiabile. Perché non hanno sentito la nostra posizione, non sono venuti a vedere com’è il campo?».
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