Quei bimbi italiani in Svizzera costretti a vivere “sottovoce”
Un'inchiesta di "Il Quotidiano", riporta alla luce la storia dei figli dei lavoratori stagionali in Svizzera dal Dopoguerra agli anni Ottanta. Migliaia di minori vissuti nella paura di essere scoperti e allontanati dai genitori

Bimbi clandestini, nascosti, costretti a vivere “sottovoce”, senza poter andare a scuola, senza beneficiare dei diritti dell’infanzia. Affronta i temi dell’immigrazione e della clandestinità, con lo sguardo rivolto alle pensanti conseguenze che possono avere su bambini e ragazzi, un recente servizio della trasmissione “Il Quotidiano” della televisione svizzera.
Una puntata toccante che ricostruisce una storia ancora poco approfondita del recente passato della Confederazione che riguarda migliaia di minori, oggi adulti. Sono i figli dei lavoratori stagionali in Svizzera dagli anni Cinquanta in poi, costretti a vivere nascosti nelle case, spesso baracche, dove alloggiavano i genitori, presso strutture religiose o in orfanotrofi a causa della mancata previsione di un diritto che consentisse il ricongiungimento familiare.
Quantificare il fenomeno non è semplice, ma secondo l’inchiesta della televisione svizzera e alcune ricerche sul tema, furono migliaia i figli di immigrati (soprattutto italiani ma anche spagnoli, portoghesi e slavi) costretti a vivere nell’ombra e nella paura di essere scoperti.
Uno sguardo al passato che se da un lato ci porta a ricordare il sacrificio di molti italiani alla ricerca di condizioni e possibilità migliori per se stessi e per le proprie famiglie, dall’altro non può che far riflettere sulla quotidianità e sulle condizioni di vita che riguardano chi vive in clandestinità e in particolar modo i minori.
La storia dei bambini nascosti ha ispirato anche un romanzo di Nicoletta Bortolotti, “Chiamami Sottovoce”.
La puntata del Quotidiano:
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