Leucemia, dal laboratorio “Stefano Verri” una nuova speranza
Il Centro di Monza è l'unico centro italiano che ha partecipato allo studio di Novartis. Il centro sta producendo un farmaco cellulare denominato CARCIK CD 19
Quando Stefano se ne è andato aveva poco più di 17 anni. Una leucemia “fulminante” in pochi giorni lo annientò. I suoi genitori, Emilio ed Anna, quel giorno, era il 5 luglio 1999, decisero che la morte del loro ragazzo non sarebbe stata “inutile”.
E per vent’anni hanno vissuto, combattuto e lavorato con un unico scopo: studiare l’origine dei tumori e trovare una cura. Il sogno di Emilio ed Anna Verri ha preso corpo ed ha un nome è il “Laboratorio Stefano Verri” all’ospedale San Gerardo di Monza. La storia dei Verri, a chi vive nel Varesotto, è abbastanza nota. Ma c’è una novità nell’attività di ricerca del laboratorio che merita di essere raccontata.
E lo fa bene l’ultimo numero del giornale del “Comitato Stefano Verri” per lo studio e la cura della leucemia Onlus. Dodici pagine che spiegano in maniera semplice o molto schietta a che punto è la ricerca. (GIORNALE n. 23 novembre 2018 qui il pdf completo)
L’ottimismo traspare ma ci sono ostacoli che non possono essere ignorati o sottovalutati: il costo delle cure e la sperimentazione sull’uomo.
«Il 27 agosto 2018 l’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) ha annunciato l’approvazione di due nuove terapie geniche basate sulla manipolazione dei linfociti che esprimono il CAR (Chimeric Antigen Receptor) una molecola costruita artificialmente capace di riconoscere il bersaglio del tumore – si legge sull’informatore- . Il nostro Centro di Monza è stato l’unico Centro italiano che ha partecipato allo studio di Novartis, grande multinazionale del farmaco, riservato a solo otto Centri in Europa e con il quale abbiamo trattato alcuni bambini.
Inoltre abbiamo sviluppato a Monza un CAR frutto della ricerca tutta italiano, definito CARCIK CD19, attualmente in fase di sperimentazione sui malati. Siamo certamente di fronte ad una pagina nuova della medicina».
Negli articoli curati dai medici che stanno lavorando sul farmaco, molto spazio è riservato ai problemi che l’utilizzo di queste nuove cure comportano: «I giornali parlano con entusiasmo di questi progressi, ma dobbiamo procedere con cautela perché le parole sono importanti – spiega Emilio Verri – Siamo solo all’inizio e i risultati sono stati ottenuti su un numero limitatissimo di pazienti. La terapia è molto costosa e quindi dobbiamo essere sicuri dell’efficacia. Inoltre è molto rischiosa e i costi devono essere certamente moltiplicati per qualche numero: perché il farmaco sia efficace, i pazienti devono sottoporsi a tutta una serie di trattamenti collaterali, che sono parecchio cari.
In questa prospettiva, il nostro Centro di Monza insieme all’Ematologi dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo (unici in Italia e in Europa) stanno sperimentando, in clinica, un approccio innovativo ma più sostenibile e molto meno caro».
Insomma, fabbricare le cellule CAR è un procedimento complesso e laborioso: «Speriamo che questa prima fase di sperimentazione clinica fornisca risultati convincenti e che in un prossimo futuro la produzione dei CAR diventi un trattamento standard con il quale poter sconfiggere definitivamente la leucemia».
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