Rientrano da un viaggio: bloccate per giorni a Malpensa e poi espulse

Il caso riguarda una donna senegalese incinta e una donna cubana in Italia da anni, che ha un lavoro come commessa. La vicenda è stata svelata dagli avvocati di Asgi e da Redattore Sociale

polizia frontiera malpensa

Vivevano in Italia da tempo ma sono state espulse da un giorno all’altro. O meglio: si sono viste rifiutare il rientro in Italia, dopo un viaggio nel loro Paese d’origine: è la storia di due donne – una cubana, l’altra senegalese e incinta – che sono rimaste bloccate per giorni a Malpensa, al di qua dei controlli doganali. E che sono state poi espulse verso Cuba e il Senegal, nonostante la loro vita sia in Italia.

Il caso è stato sollevato dall’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, che ha offerto anche assistenza legale alle due donne, ed è stata seguita da vicino dal giornale Redattore Sociale. La donna cubana è trattenuta alla frontiera di Malpensa per cinque giorni, mentre quella senegalese, che è anche in stato di gravidanza, per tre. «Le due signore riferiscono di avere dormito per le tre/cinque notti in cui sono state in attesa del volo di rimpatrio in una stanza con più di dieci persone e pochissime coperte a disposizione. Alla signora di nazionalità cubana è stato inoltre sequestrato il telefono cellulare consentendo alla stessa di mettersi in contatto con i suoi familiari solo a mezzo di un telefono a gettoni».

I legali di Asgi hanno ricostruito così la vicenda: la donna cubana aveva ottenuto la cittadinanza italiana, ma doveva ancora fare il giuramento (spesso passa molto tempo, come ricordavamo poche settimane fa): secondo i legali il suo vecchio permesso di soggiorno era ancora valido, ma le è stato revocato perché non è più convivente con il marito.

«A Milano ho un lavoro da commessa, sono assunta» ha raccontato la donna cubana a Redattore Sociale. «I miei datori di lavoro mi hanno scritto di non preoccuparmi, che mi tengono il posto. Ma è chiaro che è un danno sia per me che per loro. Mi hanno revocato il permesso di soggiorno perché non più convivente, ma le notifiche le mandavano sempre all’indirizzo del mio ex marito. È una bella contraddizione, o no? Tanto che io non ho mai ricevuto nulla e non sapevo della revoca. Se mi si fosse arrivata la revoca al mio nuovo indirizzo avrei potuto fare ricorso. Ho un lavoro, pago le tasse, hanno accettato la mia domanda di cittadinanza italiana. Cos’altro devo fare? Perché decidono di rispedirmi a Cuba?».

Diversa la situazione della signora senegalese, il cui permesso di soggiorno, in fase di rinnovo, è stato revocato per insufficienza di reddito.

Della vicenda si è interessato anche il Garante dei diritti dei detenuti. La Questura di Varese invece ha replicato dicendo che «la vicenda si è svolta nella consuetudine di quanto accade normalmente in vista dei rimpatri». Che era l’aspetto sottolineato anche da Asgi, che contesta appunto che i casi sarebbero numerosi, più di quelli emersi. «Presenteremo due ricorsi – annuncia l’avvocato Federico Micheli di Asgi -. Uno contro la revoca del permesso di soggiorno e l’altro per il respingimento illegittimo, con richiesta dei danni subiti».

Roberto Morandi
roberto.morandi@varesenews.it

Fare giornalismo vuol dire raccontare i fatti, avere il coraggio di interpretarli, a volte anche cercare nel passato le radici di ciò che viviamo. È quello che provo a fare a VareseNews.

Pubblicato il 18 Dicembre 2018
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