Giovedì sera Varese parla con tutta Italia via radio
Al tempo dei terremoti del Friuli e dell'Irpinia, mentre nasceva la Protezione Civile di Zamberletti, i radioamatori garantirono le comunicazioni d'emergenza. E anche oggi una volta al mese si fa la prova per mettere in rete tutta la penisola, nel caso "crollassero" Internet e cellulari

«Il terremoto ha devastato tantissimi condomini… ci sono tanti morti… mandate anche militari». La sera del 6 maggio 1976 nei paesi del Friuli il rumore sordo della scossa di terremoto aveva appena lasciato il posto al silenzio, poi alle urla di chi chiedeva aiuto, nel buio di un black out totale. E già in quei minuti il messaggio di aiuto correva nell’etere, grazie ai radioamatori che facevano rete per raccogliere le segnalazioni delle località colpite.
«Oggi siamo abituati a Internet, ai cellulari, li diamo per scontati, ma in caso di emergenza solo la radio assicura un collegamento garantito» dice Giovanni Romeo, geometra varesino e responsabile dell’Associazione Radioamatori Italiani in provincia (foto Matiello). Nel 1981, insieme a due colleghi del centro e Sud Italia, ha proposto e poi avviato la Rete Radiocomunicazioni Alternative di Emergenza: le radici di questa rete d’emergenza sono legate proprio ai due devastanti terremoti di quarant’anni fa.
«Da Varese siamo andati nel Friuli, ma il momento della svolta fu il terremoto in Irpinia: siamo stati venti giorni a Montoro, per gestire il ponte radio tra Irpinia e Varese» racconta. Subito dopo, nel 1981, Giovanni Romeo (codice di chiamata i2RGV), il collega varesino Franco Campanelli (i2 UFE), Settimio Sordi (i5 SZB) e Bruno Surace (i8SUD) di Reggio Calabria proposero di presentare a tutte le Prefetture il progetto di collegamento radio, che divenne poi pienamente operativa nel 1985, con il decreto Gomez-Zamberletti.

«Oggi c’è un’antenna in ogni Prefettura, ogni mese facciamo i collegamenti con quaranta prefetture, da allora abbiamo fatto 422 prove mensili». Le onde radio usano la propagazione ionosferica e in condizioni ideali si arriva a 700 km di distanza: le prove radio di collegamento vengono gestite da tre coordinatori che in gergo si chiamano “capimaglia” e che stanno a Varese, Siena, Reggio Calabria, per le tre aree territoriali d’Italia, oltre al Ministero dell’Interno a Roma. Da qualche tempo si è iniziato a collegarsi anche con le unità navali della Marina Militare, sempre nella logica di gestire una potenziale emergenza nazionale che metta in crisi i collegamenti via Internet o rete cellulare. Ogni mese – eredità del ruolo di Giuseppe Zamberletti e dei radioamatori varesini – è proprio Varese a iniziare le prove radio, che si svolgono secondo un linguaggio codificato, dal Brennero alla Sicilia (qui potete scaricare una prova radio completa, con collegamento con la portaerei Cavour della Marina Militare).
La passione dei radioamatori ha un po’ il sapore d’altri tempi, ma è ancora molto frequentata. «Come Ari abbiamo duecento radioamatori nella zona di Varese e dell’alta provincia, cento a Busto Arsizio, una cinquantina a Gallarate, ottanta a Saronno». Le file vengono man mano rimpolpate con nuovi ingressi: si diventa radioamatori con un apposito corso, una prova e un patentino riconosciuto dal ministero.

L’ultimo corso di radiocomunicazioni annuale di Ari Varese. ha visto dieci partecipanti, otto di loro promossi al termine dell’esame Sabato 2 marzo nella sala convegni di Villa Recalcati si terrà l’ultimo dei tre incontri del corso (ore 9.30), proprio per approfondire le radiocomunicazioni di emergenza, con il vice prefetto vicario di Varese Roberto Bolognesi. Saranno presenti i soci Ari che lo scorso dicembre hanno superato a Milano nella sede del Ministero delle Comunicazioni l’esame per ottenere la patente di radioamatore: sono stati inoltre invitati anche i volontari comunali di Protezione civile.
Il nuovo corso per aspiranti radioamatori, tenuto come sempre dall’ingegner Pietro Gervasini, partirà invece ad aprile, in programma il giovedì sera presso la sede Ari di Varese in piazzale Gigli.
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