Maltrattamenti all’asilo, chiesto il rinvio a giudizio per le educatrici
La dirigente della struttura e l’inserviente accusate di violenze sui piccoli ospiti. Udienza a metà marzo. Trentuno le parti offese
Il 12 marzo alle 10.00 due donne accusate di maltrattamento su minori varcheranno la soglia dell’aula Gup di Varese: sarà forse in quel frangente che si saprà se sui fatti ad esse contestati, e che hanno riguardato diversi minori di tenerissima età ospiti del nido privato di Gavirate, si dovrà celebrare il processo.
Si tratta della cuoca dell’asilo “Imparare è un gioco”, chiuso la scorsa primavera e della responsabile della struttura che addirittura finì in manette e successivamente agli arresti domiciliari – ora è in libertà – per quanto previsto dall’articolo 572 del codice penale: “Chiunque, (…) maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da due a sei anni”.
La richiesta di rinvio a giudizio è stata depositata dal pubblico ministero che ha prima ancora come da prassi chiuso le indagini su quella serie di episodi contestati a due persone ai danni di piccoli e piccolissimi che i genitori lasciavano la mattina durante le ore di lavoro nella struttura del centro storico della cittadina.
Un gesto di fiducia.
Fu tuttavia dai comportamenti di alcuni bambini, suffragati da mezzi racconti abbozzati con timore in punta di labbra dai piccoli ospiti e arrivati alle orecchie dei genitori, che i carabinieri della stazione di Besozzo coordinati dalla procura della repubblica di Varese attivarono le indagini.
Così vennero installate delle telecamere all’interno del nido.
Per il momento le fonti di prova che saranno valutate sono costituìte da sommarie informazioni (quanto cioè riportato ai carabinieri), querele, e dai contenuti degli interrogatori di garanzia (quelli, cioè, fatti dai magistrati a seguito di misure cautelari). E poi ci sono le immagini delle “videocamere spia”: nel corso del procedimento penale serviranno a valutare il tono dei comportamenti contestati.
Immagini – soprattutto quelle legate al lancio di oggetti come ciabatte, e quelli che a tutti gli effetti paiono come strattonamenti – che fecero il giro delle televisioni e dei siti web.
Fenomeno che come un fiume carsico ricorre nelle cronache e su cui anche la politica intende rispondere alle richieste di un movimento d’opinione che vuole l’installazione delle telecamere nei luoghi di cura come deterrente e garanzia di trattamento per gli ospiti più indifesi: anziani e piccoli.
Trentuno risultano le parti offese; il Gup è Alessandro Chionna.
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