Un anno in monastero: Claudio Bollentini racconta il suo “periodo sabbatico”
Al suo rientro a Varese dopo un anno “monastico” all'abbazia di Novalesa, Bollentini parla del suo romanzo "la Novalesa" sabato 23 a Velate

Rientra a Varese dopo un anno “monastico” Claudio Bollentini, il commentatore economico-politico e collaboratore de L’Inkiesta, noto per i suoi articoli brillanti e per aver fondato il blog “La Bissa”.
Quella di Bollentini è una storia davvero singolare: circa un anno fa decide improvvisamente di chiudere il blog e di lasciare il lavoro, per rigenerarsi. E si ritira in una minuscola comunità benedettina che opera nel silenzio e nella meditazione: l’abbazia di Novalesa ai piedi del Moncenisio in Piemonte.
Durante un anno sabbatico intenso e ispiratore, il richiamo della penna è fortissimo: nell’antica biblioteca dei monaci, Bollentini scopre milletrecento anni di cronache e leggende, tra cui anche una preziosa pergamena del XII secolo. Da qui l’idea di scrivere “La Novalesa“, testimonianza diretta di un singolare viaggio nel tempo e nelle dinamiche umane, che, fa intendere Bollentini, cambiando scenario sono sempre le stesse (Nihil sub Sole Novum è il sottotitolo del libro ” La Novalesa”, edito da Macchione, 200 pagine, euro 15).
Sabato 23 febbraio alle 15, al Battistero di Velate, Bollentini si racconterà per la prima volta dal vivo ai suoi lettori, intrecciando l’esperienza monastica alle considerazioni sul mondo attuale, accompagnato nel dialogo da Carla Tocchetti.
Il libro è suddiviso in sette parti, come le sette ore della preghiera benedettina che accompagnano i differenti momenti della giornata. «E’ dedicato alla Novalesa, che tra poco, nel 2026, compirà 1300 anni di vita – spiega Bollentini – Una ricorrenza da attendere e poi vivere, interpretare e contemplare, con i piedi ben piantati nel terreno della storia, ma con lo sguardo dell’intelligenza e della sapienza puntato verso il futuro. Nella consapevolezza che conservare e tramandare la cultura, saperi e valori eterni, pregare e testimoniare una fede, al di là della sensibilità e della provenienza di ciascuno, sia un patrimonio comune dell’umanità, una ricchezza indiscutibile a vantaggio del mondo intero».
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