Bianchi incontra il Dalai Lama: “Bisogna porre fine alla repressione tibetana”
Il deputato varesino è rientrato da Dharamsala dove ha sede il Governo tibetano in esilio dove si era recato in occasione del 60esimo anniversario dalla rivolta repressa nel sangue dal regime cinese
C’erano anche due deputati italiani in questi giorni a ricordare il 60esimo anniversario dalla repressione tibetana ad opera del regime cinese che condusse il Dalai Lama al suo esilio in India, dove ancora oggi continua la sua resistenza pacifica.
Uno di loro era proprio il deputato varesino e Sindaco di Morazzone Matteo Bianchi che ha incontrato il Dalai Lama e al suo rientro ha preparato un intervento per l’aula di Montecitorio.
«Sono state 48 ore emozionanti – racconta Bianchi, appena rientrato da Dharamsala dove ha sede il Governo tibetano in esilio -. Innanzitutto dal punto di vista umano, perché abbiamo incontrato uno degli uomini più influenti della storia e che costituisce un esempio per tutti, e naturalmente perché abbiamo toccato con mano come i tibetani sviluppano quotidianamente la loro lotta assolutamente non violenta contro il Governo cinese».
La visita della delegazione italiana è stata bipartisan e ad accompagnare il deputato leghista c’era la parlamentare Pd Antonella Incerti.
«Innumerevoli parlamenti nel mondo supportano la causa di libertà non-violenta dei tibetani – spiega Bianchi -. È nostro dovere, soprattutto in quanto membri della Camera dei deputati ricordare con forza lo stato attuale del popolo tibetano, causato dal regime comunista cinese ed ad oggi mai risolto. Anche nel consesso del Consiglio per i Diritti Umani alle Nazioni Unite, nel 2018, molti Stati hanno chiesto di fermare le violazioni dei diritti umani in Tibet. Il popolo e la cultura tibetana sopravviverà grazie alle nuove generazioni in esilio, le quali chiedono verità e giustizia: lo fanno attraverso la preservazione della loro identità culturale, a dimostrazione che mai potrà estinguersi la dignità di un popolo».
La causa del popolo tibetano del resto è sostenuta attivamente in tutto il mondo. «Con noi c’erano parlamentari da 11 paesi del mondo, dalla Germania al Canada – racconta Bianchi – e sono rimasto davvero stupito della tenacia con la quale il Dalai Lama conduce la sua opera di resistenza che consiste, sostanzialmente, nel portare avanti e tramandare la cultura del proprio popolo nelle generazioni. Tutto questo a fronte di 60 anni nei quali in Tibet perdura una situazione di negazione dei diritti fondamentali nel professare la propria pratica spirituale, esprimere la propria cultura linguistica e la propria identità in generale. L’organizzazione Freedom House, che conduce attività di ricerca e sensibilizzazione su democrazia, libertà politiche e diritti umani, denuncia da tempo la sistematica violazione delle libertà di stampa in Tibet e l’impossibilità di accesso ai giornalisti. Sono convinto che noi abbiamo il dovere di sollecitare ogni giorno la Comunità Internazionale affinché la libertà dei popoli a poter vivere in pace nella propria terra non venga mai meno per nessuno».
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