Giulio Rossini: la cultura al confine tra Biumo e il centro città

Per capire quali sono le luci e quali le ombre di uno dei quartieri più antichi della città: il secondo incontro è con Giulio Rossini, che organizza Filmstudio 90

Giulio Rossini - Filmstudio 90

Il quartiere di Biumo a Varese è un simbolo: è uno dei più antichi e storici, ha un importante tasso di attività culturali, una vitalità anche commerciale che nei quartieri è ormai merce rarissima. In questi tempi però, Biumo è diventato il simbolo del disagio di una città. Ma è davvero così? Quanto c’è di degrado, quanto di trasformazione sociologica e quanto di scelte urbanistiche? L’unico modo per scoprirlo è andare, fisicamente, in quel quartiere e vederlo, anche con gli occhi dei suoi abitanti. Per capire quali sono le luci e quali le ombre di uno dei quartieri più antichi della città.

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Il suo cineclub è in quello che una volta era “Il circolino di Biumo”, il cinema teatro di cui gestisce la programmazione è sul viale dei Mille, proprio ai bordi della Biumo più antica: per questo Giulio Rossini è perfetto per raccontare il rapporto tra Biumo e la produzione di cultura.

Da un punto di vista, a suo modo, “di confine”: «Filmstudio ’90 è nato come cineclub, in un rione popolare al confine con il centro. Noi qui siamo considerati sia come centro città che come Biumo».

Forse è questo il punto cruciale, anche per interpretare tutto il quartiere: «Biumo da punto di vista urbanistico e sociale è rimasto schiacciato tra il centro, sempre tenuto d’occhio, e una periferia, come viale Belforte e viale dei Mille, che di attenzioni ne ha ricevute molto poche e hanno l’aggravante di avere due strade grandi in entrata in città che le ha azzerate. Noi siamo in mezzo: tra il centro sempre sotto la lente e il nulla della periferia. E ce ne sentiamo la responsabilità».

Il plurale è d’obbligo: perchè l’ex circolino di Biumo, in via De Cristoforis, ospita ben tre realtà diverse: «Qui non sono da solo – sottolinea infatti Rossini – C’è anche Twiggy e Coopuf, che, quando il circolino ha cambiato ragione locale, hanno cambiato il genere di frequentazione soprattutto dal punto di vista generazionale: da quel momento nei locali sono arrivati i giovani, e non gli anziani che una volta frequentavano il circolino. Per il cinema non è stato lo stesso: la popolazione di chi segue le nostre pellicole è over quaranta e i giovani quasi non ci sono. Manca purtroppo una fruizione comune, e questa situazione riflette anche le anime che ci sono qui. Intendiamoci: è bello che esista un luogo così, ma se ci fosse piu integrazione tra i piani sarebbe bellissimo».

Ma com’è l’integrazione tra un centro culturale come Filmstudio ’90 e il quartiere? «L’idea di avere un potenziale da giocare in città ce l’abbiamo, per questo uno dei nostri obiettivi è quello di collaborare il più possibile con le associazioni: adesso per esempio stiamo lavorando in un progetto che si chiama “quartieri da rivivere”, con altre associazioni e il sostegno della Fondazione Comunitaria del Varesotto, che si propone di far conoscere le realtà dei quartieri che fanno attività sociali e culturali».

Gli spazi sono utilizzati anche come punto di incontro della variegata componente multietnica della zona e di Varese: «Qui ci sono regolari incontri comunitari, che stanno tra il sociale e il religioso. Nigeriani e Senegalesi vengono regolarmente, a volte si svolgono qui anche incontri di comunità dell’America latina. Nelle Cantine c’è anche la batteria africana…».

Rossini non si nasconde dietro un dito, e sa che non sempre i rapporti tra questo luogo e gli abitanti sono completamente sereni:«Che da anni ci sia anche un certo malumore lo sanno tutti. Per fortuna negli ultimi tempi sono contenuti, soprattutto perchè c’è stata una assunzione di responsabilità da parte di chi gestisce: c’è un servizio d’ordine pagato ed efficiente, per esempio. Certo che il sabato sera, se c’è un posto che fa qualcosa, un po’ di casino lo procura. Non è però auspicabile che il locale chiuda solo perchè al sabato c’è movimento: anzi, di realtà cosi dovrebbe essercene una per quartiere. La gente viene qui perchè sa di trovare proposte: se ce ne fossero altri in altri quartieri le cose sarebbero diverse».

Come si può fare, per migliorare ancora l’integrazione? «Siamo consapevoli che non si può solo rappresentare un problema, ma che per essere accettati ci si debba proporre anche come una risorsa: io credo comunque che la cultura, lo spettacolo intelligente, possano contribuire sempre ad una migliore vivibilità nei quartieri»

Un po’ diversa è la situazione al Cinema Nuovo: «A Filmstudio ’90 c’è un problema tessera: non tutti possono entrare, ma solo che ne è in possesso o comunque si iscrive. Ma al Nuovo ci sono persone che vengono da anni, si conoscono e sono persino degli habituè. Siamo un po’ una “sala di prossimità”, come quelle che ci sono in Francia. Vengono a piedi dal quartiere: via Misurina, viale dei Mille, via Canova».

Anche il Nuovo però, ha un problema “di ordine publico”: «Il nostro problema? è il parcheggio, qualcosa che dia maggiori possibilità di usufruirne alle persone che vengono da più lontano – sottolineaRossini – Il Nuovo è un cinema teatro con 450 posti: quando per il cineforum arrivano 200 macchine ci sono regolarmente problemi. La presenza di un parcheggio comincerebbe a evitare un po’ di problemi di ordine pubblico».

Il Nuovo, inoltre, ha parecchie ambizioni, per ora “tarpate”: «Noi abbiamo fatto due bandi per riuscire a sdoppiare le sale e farne un “Bisala”: purtroppo ne abbiamo vinto solo uno, e quindi non sarà possibile realizzarlo. E’ un peccato, perchè è una realtà che vive»

Il punto di forza del Nuovo è senza dubbio il suo cineforum: «I giorni in cui “stacchiamo più biglietti” sono martedi e mercoledì, 350-400 in tutto. La nostra risorsa non è quindi nel fine settimana, ma nei giorni feriali e persino nel pomeriggio, dove vengono in molti ad assistere alla proiezione: questo è importante anche socialmente, perchè crea l’abitudine alla frequentazione di un posto».

«Adesso la sfida del quartiere ci sarà con l’area ex Enel – conclude Rossini – miracoli non se ne possono fare, ma quello di ristrutturarla e riempirla di qualcosa è comunque un modo per rivitalizzare quella zona. Noi in fondo siamo contenti di essere con un piede nel centro e un piede nella vita dei quartieri».

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 12 Marzo 2019
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