“La Mafia non è così lontana, bisogna parlarne per combatterla”
Libera al lavoro per l'importante giornata del 21 marzo, la Giornata della Memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie
“Bisogna parlarne, far capire che è una storia sempre viva. Si rinnova, cambia faccia e strategia ma è sempre lì”. La mafia è il soggetto, il male italiano per eccellenza. E questa è solo una delle tante verità, per un certo verso scontate ma mai banali, che sono state dette nella serata di giovedì 14 marzo all’incontro tenutosi nella sede di Informagiovani di Varese in preparazione di un altro giorno importante: il 21 marzo, Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie.
Demetrio Villani, responsabile delle Politiche Giovanili Libera Lombardia, è stato il primo a prendere parola ripercorrendo le tappe di Libera e dell’antimafia.
Il 1982, anno in cui la nazionale italiana è salita per la terza volta sull’Olimpo del calcio, sancisce l’avvio di una storia meno conosciuta ma più importante. Il 13 settembre, a dieci giorni di distanza dall’attentato al Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, in Italia veniva approvata la legge “Rognoni – La Torre” che per la prima volta introdusse il reato di “associazione di tipo mafioso” (art. 416 bis). Sulla base di questa legge, negli anni a seguire venne istituito il maxiprocesso – con imputati i boss intoccabili di Cosa Nostra – che si concluse il 30 gennaio 1992 con l’attribuzione di oltre 2600 anni di pena complessiva. Con l’intento di portare il popolo nel panico e fronteggiare una controffensiva sempre più invasiva da parte dello stato, da quel momento la mafia inaugurò la “strategia delle bombe” senza però fare i conti con un possibile rovescio della medaglia. “Quegli anni hanno avuto una grande conseguenza – dice Villani – una reazione dei cittadini.” È proprio da questa presa di coscienza che accomuna tutto il paese che il 25 marzo 1995 nasce Libera riprendendo il progetto “Gruppo Abele” già avviato nel 1964 da Don Luigi Ciotti. Libera è un’organizzazione che ha come scopo quello di fare rete e che si fonda su tre pilastri: memoria attiva, formazione e beni confiscati.
La memoria attiva, in particolare, è quella che porta a studiare e approfondire ma anche a scendere in campo come accade, dal 1996, ogni 21 marzo. Questa data, inizio della primavera e simbolo di rinascita, diventa Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie dopo che, durante una manifestazione per l’anniversario della strage di Capaci, la mamma di Antonio Montinaro, uno degli agenti di scorta del giudice Falcone, chiese a Don Ciotti che venisse pronunciato anche il nome di suo figlio. “Non esiste il posto sbagliato, esiste la bomba nel posto sbagliato. Per questi agenti era una volontà essere lì, un onore stare al fianco di questi uomini” dice Villani, e come loro è giusto che vengano ricordati anche i nomi tutti gli altri innocenti incappati nello stesso atroce destino. A questo proposito ogni anno, a termine del corteo, è prevista una lettura a staffetta di tutti i nomi dei caduti innocenti della mafia in ordine cronologico, e ogni anno i nomi aumentano perché la mafia non cessa di mietere vittime ma anche lo sforzo di ricerca di Libera non si arresta.
Tra questi nomi figura anche quello di Cristina Mazzotti, diciottenne sequestrata in provincia di Como alla fine di giugno del 1975. Di lei ci dà una toccante testimonianza la nipote Arianna Mazzotti, oggi donna adulta ma allora neonata venuta alla luce nei giorni più bui per la sua famiglia. Cristina venne sequestrata di ritorno da una serata trascorsa con gli amici e fu sepolta viva in un buco dove non poteva neanche stare in piedi, con un foro di soli 5cm per respirare. Era una ragazzina, ma forse il dolore che le hanno inflitto non ha età: le davano tranquillanti per tenerla calma e eccitanti per farle scrivere lettere ai famigliari. Probabilmente morì di stenti e il suo corpo venne ritrovato a settembre dello stesso anno nella discarica di Varallino vicino a Sesto Calende. Di fronte a una storia di mafia che riguarda così direttamente la nostra provincia non possiamo continuare a credere che questa realtà al nord non esista.
La mafia è onnipresente e pervasiva, però purtroppo è ancora un fenomeno trattato con sufficienza e pressapochismo. Tendenzialmente lo scopo della mafia non è la commissione di violenza ma il controllo del territorio, un metodo utile per verificarne la presenza è quindi l’analisi dell’indice dei beni confiscati. In provincia di Varese se ne contano addirittura ventidue, come ricorda Antonella Buonopane, referente provinciale di Libera. Possiamo davvero pensare di essere estranei a questo morbo?
Per sensibilizzare i propri coetanei ma non solo, il gruppo giovani di Varese ha messo in programma altri tre incontri in cui verranno approfonditi i temi legati ai beni confiscati, alle ecomafie e al ruolo delle infiltrazioni mafiose nell’ambito sanitario.
“Diamo fiato ai nostri polmoni, parliamo, osserviamo – è questo l’invito di Arianna Mazzotti – É responsabilità di ognuno di noi fare la propria parte in ogni modo!”
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