Il 25 aprile di Gallarate finisce davanti al Monumento alla Resistenza

Dopo il corteo molto partecipato, le celebrazioni ufficiali si sono concluse al Monumento ai Caduti. Ma un corteo spontaneo è tornato fino in Largo Camussi, fino a due anni conclusione naturale della manifestazione

A 74 anni dalla Liberazione, Gallarate ricorda il 25 aprile e lo spirito profondo della festa, nel segno dell’antifascismo e dei princìpi democratici.

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Lo fa con un corteo molto partecipato, con tante associazioni e tanti semplici cittadini, molti fin dal cimitero, altri aggregatisi lungo il corteo. E con un fuoriprogramma: il corteo spontaneo che da piazza Risorgimento (conclusione delle celebrazioni ufficiali) è tornato fino a Largo Camussi, davanti al monumento alla Resistenza, che per anni è stato il luogo dei discorsi e della memoria.

C’era stata polemica, già nel 2017, per la scelta di evitare la conclusione in pieno centro. Perché lì c’è (dal 1980) il monumento alla Resistenza, perché è nel cuore del centro storico. Il corteo-bis si è concluso poi con la lettura dell’ultima lettera del capitano Guido Camussi – cui è dedicata la piazzetta – e con il coro di Bella Ciao.

Guido Camussi, un cavaliere-partigiano sui monti dell’Ossola

Al cimitero – prima del corteo – ci sono stati le letture dei ragazzi delle scuole e gli interventi del sindaco Andrea Cassani e dell’oratore ufficiale dell’Anpi, l’avvocato Riccardo Conte.

Conte ha tenuto un discorso intenso, sottolineando già in apertura il dramma dello scontro tra i popoli tra il 1939 e il 1945, nato «da vacui sogni di gloria, di supremazia, di pace fondata sull’oppressione di altri popoli». E all’opposto l’anelito di pace che dalla sofferenza è nato, con la «intuizione di quei visionari che nel 1942 a Ventotene immaginarono l’Europa unita», anche se oggi spesso sotto attacco (al di là della critica) da parte di chi punta a «strumentalizzare le paure in tempi d’incertezza».

L’oratore ufficiale ha anche richiamato i princìpi della Costituzione nata dall’antifascismo, quelli dei diritti individuali e quella dei diritti sociali, con l’impegno della Repubblica a promuovere l’uguaglianza e “rimuovere le cause che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”, ricordando «quanta strada sia stata fatta e quanta ne resti da fare». E ancora ha condannato il fascismo, non solo come fenomeno storico, ma come «modo di pensare», basato su «sopraffazione, odio etnico e discriminazione».

Il sindaco Cassani, oltre a ricordare le diverse componenti storiche dentro al biennio 1943-45, e ha anche fatto riferimento alla realtà di oggi, con un segno diverso da quello di Conte: «La storia della Resistenza e della Liberazione ci insegnano che a volte reagire e lottare, anche di fronte a sfide enormi, è giusto e doveroso», ha detto, riferendosi alle «sfide poste dall’Europa», sottolineando un percorso europeo «a volte criticabile» e facendo un passaggio anche sullo scenario Mediterraneo e sui profughi (tema certamente centrale, vista la rinnovata guerra in Libia, cui non sono estranei contrapposti interessi europei e mondiali).

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Roberto Morandi
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Pubblicato il 25 Aprile 2019
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