Il commercialista deve tornare a fare il consulente
Secondo Davide Arancio, commercialista e vicepresidente dell'Ordine dei commercialisti di Varese, dopo la fatturazione digitale, l'introduzione dello scontrino elettronico è stata un passaggio quasi obbligato

Dopo la fatturazione digitale, arriva anche lo scontrino elettronico. Niente più carta, ma solo bit. Un flusso continuo di dati che saranno trasmessi direttamente al fisco. Un primato europeo che, se si esclude il Portogallo, per una volta è tutto italiano. E anche se il dado è tratto, è ancora troppo presto per dire quali saranno i vantaggi e gli svantaggi di questa operazione. Di certo ci saranno delle modificazioni nei rapporti tra contribuente e Agenzia delle Entrate, tra consulente e cittadino. Secondo Davide Arancio (nella foto), commercialista e vicepresidente dell’Ordine dei commercialisti della provincia di Varese, dopo la fatturazione, l’introduzione dello scontrino digitale era una passaggio quasi obbligato.
Dottor Arancio, in cosa consiste questa continuità?
«Il Governo ha introdotto la fatturazione digitale per ridurre l’evasione ai fini Iva. Un tempo il problema si creava perché un soggetto faceva la fattura e la dava a un altro che aveva un’iva a credito. Quindi c’era un soggetto che si spesava un costo, ma nessuno che dichiarava un ricavo. Con questa novità a fronte di un soggetto che emette ce n’è sempre uno che riceve. Con lo scontrino elettronico, ai fini Iva, viene meno la ricevuta fiscale, i registratori di cassa inviano gli scontrini automaticamente e direttamente all’Agenzia delle Entrate. Questo non risolverà alla radice il problema dell’evasione fiscale, che rimane un problema culturale, ma renderà la vita più difficile agli evasori».
Quindi con le nuove generazioni il fenomeno dovrebbe attenuarsi.
«Credo che questa novità, cioè lo scontrino elettronico, non cambi nulla a un imprenditore che ha iniziato oggi: comprerà un registratore di cassa adeguato e inizierà la sua attività. Ben diverso invece è per chi da anni è sul mercato che dovrà attuare un cambiamento psicologico profondo, oltre che affrontare una nuova spesa».
Quali sono i vantaggi, ammesso che ci siano?
«Beh, quello più evidente è che ci saranno meno adempimenti dichiarativi, una semplificazione complessiva. Se io informo quotidianamente l’Agenzia delle Entrate, significa che il fisco è già al corrente di tutte le mie attività. Non a caso si parla con una certa frequenza di evitare di predisporre i registri Iva. Credo che il fine ultimo del fisco sia permettere di fare una dichiarazione precompilata per i soggetti titolari di partite Iva, come già si fa per i 730. Una semplificazione che in questo momento di passaggio non è percepita in tutta la sua portata. Su questo tema l’Italia sta anticipando tutti gli altri paesi europei che sono ancora legati alla vecchia fatturazione e al classico scontrino cartaceo. Quindi il problema si pone ancora per chi fattura all’estero, almeno fino a quando non ci sarà una piattaforma condivisa dai vari Paesi della Unione europea».
E che cosa cambia per voi commercialisti?
«Rispetto alla fatturazione elettronica, per i professionisti, non è cambiato molto. Un conto è la predisposizione e l’invio telematico, altra cosa è la contabilizzazione. Nel futuro non immediato è innegabile che l’introduzione del digitale porterà a uno snellimento degli adempimenti contabili, un aspetto positivo perché permetterà di spostare il nostro focus dalla pura contabilità alla consulenza che poi è il lavoro che dovremmo fare. È un cambiamento che rivoluzionerà la categoria, considerato che l’ottanta per cento dei commercialisti vive di contabilità».
E i rapporti con l’Agenzia delle Entrate?
«Con gli anni noi siamo diventati il loro braccio operativo, siamo sempre più oberati di adempimenti burocratici e scadenze che se da una parte hanno alleggerito l’Agenzia, dall’altra hanno appesantito noi professionisti. Tutto ciò ha influito molto anche sul rapporto con i nostri clienti ai quali dobbiamo far comprendere che questi adempimenti costosi non dipendono da noi».
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