La sala polivalente intitolata alla scrittrice Mura
Sabato mattina il taglio del nastro nell'edificio che ospitava il tribunale
Maria Assunta Giulia Volpi Nannipieri, meglio nota come Mura è stata una scrittrice italiana nata a Bologna nel 1892 e morta a Stromboli nel 1940.
A lei, a Gavirate, il Comune ha dedicato la sala polivalente nell’edificio che ospitava il tribunale.
Perché Gavirate? Perché dal 1920 prese casa anche a Gavirate in via Enrico Toti, nella parte alta del paese vicino alla stazione ferroviaria, dove ancora si trova ed è testimoniato dalla lapide murata nel giugno 1943 “In questa casa iniziò e portò a termine la maggior parte dei suoi romanzi“.
Sabato scorso il taglio del nastro: oltre alla sala è stato inaugurata una pittura muraria del maestro Alberto Frigo che rappresenta la scrittrice e le copertine dei suoi romanzi.
Dice wikipedia:
«Mura sapeva raccontare storie trasgressive e pruriginose che a inizio Novecento toglievano il sonno alle lettrici. Aveva annunciato i suoi propositi già con la scelta dello pseudonimo. La sua strada di scrittrice si delinea diversa da quella delle altre italiane a lei contemporanee Sibilla Aleramo, che ha già scritto il suo capolavoro Una donna (1906), e Ada Negri che trattano temi femministi.
Nel 1919 pubblicò Perfidie, che incise in modo insospettabile sulle idee, sul linguaggio, sul costume e sulla fantasia di scrittori e cineasti. Mura vi affrontava addirittura il tema dell’amore lesbico.
Il primo vero successo arrivò nel 1921 con Piccola (33.000 copie vendute), un romanzo d’amore centrato però sull’analisi psicologica delle sensibilità adolescenziali, che ne fa uno spregiudicato romanzo di formazione al femminile.
Il periodo più produttivo di Mura è quello degli anni trenta del XX secolo, durante i quali l’autrice indaga il tema dell’amore e della passione travolgenti: vissuti come elementi naturali e primordiali (come si coglie da alcuni titoli Acquasorgiva, Vento di Terra, Pamela tra le fiamme) ma stemperati anche da sentimenti più conservatori per casa, matrimonio, maternità propri dell’ideologia fascista.
Nel 1930 sulla rivista Lidel Mura pubblica la novella Niôminkas, amore negro, forse ispirata dalla negritudine in voga a Parigi (dove conosce Joséphine Baker), o dai viaggi africani con l’amante Alessandro Chiavolini, redattore de Il Popolo d’Italia. Narra la violenta passione erotica e il lieto fine con matrimonio tra un ingegnere nero laureato a Firenze, ormai europeizzato e una giovane vedova dell’alta borghesia italiana. Nel 1934 esce Sambadù, amore negro, romanzo in cui Mura riscrive il testo aggiungendo la nascita di un figlio e la rottura del matrimonio, con tanto di illustrazioni di Marcello Dudovich con una donna bianca abbandonata fra le braccia di un “negro”.
Informato dei contenuti dell’opera, Benito Mussolini trova la pubblicazione inammissibile e si scatena un pandemonio con conseguente sequestro del romanzo, diffida per l’autore dell’illustrazione in copertina (Marcello Dudovich), ritiro dalle edicole del quotidiano La Voce di Mantova reo di aver segnalato l’opera «all’ammirazione delle fedeli lettrici». Mura è sorvegliata dalla polizia politica.
In merito al rapporto con la scrittrice Liala Le due autrici non si piacquero e il rapporto conflittuale è testimoniato anche da episodi di colore, come la visita che Liala fece a Mura dopo aver letto il romanzo Piccola (1921). Liala, nel rievocare il suo incontro con Mura, a Gavirate, la descrisse in maniera alquanto sprezzante: “Mi venne incontro una donna piccolina, un poco formosa, con un grande naso, con poco mento, con bellissimi occhi e un sorriso che non capii se fosse cordiale o fosse inventato. Mura indossava una gonna qualunque, era poco truccata e aveva i capelli lisci, castani, con la frangetta. Una pettinatura da paggio che stonava con il tipo semplice di donna qual lei era”.
Mura, intravedendo in lei una temibile concorrente, ostacolò il passaggio di Liala dalla Arnoldo Mondadori Editore a Sonzogno, ai cui vertici stava Alberto Matarelli. La paura di Mura era giustificata: lei era una ragazza abile ma di scarsi mezzi. Liala, invece, una bellissima e ricchissima marchesa che sarebbe diventata la scrittrice più letta d’Italia».
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