“Si autorizzi l’incontro dei detenuti coi propri cani: sono come famigliari”
La proposta di due avvocati varesini che scrivono al Ministro: “Basterebbe una circolare”

Evitare all’animale inutili sofferenze. Ma soprattutto ricostruire i rapporti sociali messi in crisi da un luogo a cui chi sta in libertà non pensa ma che affligge quanti vi sono rinchiusi: il carcere.
La proposta di consentire agli animali d’affezione di poter incontrare i propri padroni detenuti arriva da Varese ed è contenuta in una lettera che gli avvocati Furio Artoni e Alessandra Sisti hanno di recente inviato al Guardasigilli Alfonso Bonafede.
La missiva propone l’interpretazione di una norma già esistente del regolamento carcerario e propone al Ministero di “estendere” il contenuto dell’articolo 28 dove l’ordinamento penitenziario raccomanda attenzione a ristabilire i legami fra familiari e detenuti.
Perché dunque non sottintendere familiare anche l’animale d’affezione di proprietà del detenuto?, si chiedono i due legali.
L’idea è venuta dopo aver affrontato un caso “sul campo” proprio a Varese in merito all’esigenza sentita da un cliente nel voler vedere il proprio cane durante la detenzione: una storia a lieto fine, con la scarcerazione dell’uomo e l’incontro col piccolo grande amore della sua vita. Ma per tutti gli altri detenuti? “Sarebbe sufficiente – scrivono gli avvocati Artoni e Sisti – più che un intervento legislativo, una circolare ministeriale dal valore interpretativo per raggiungere questo scopo e migliorare la vita a tanti detenuti”.
Si attende ora la risposta da Roma.

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