Somma Lombardo ricorda il partigiano sommese Carlo Mossolani
Da tre anni, in occasione della festa della Liberazione, l'amministrazione ha deciso di ricordare una figura di partigiano locale
In occasione del 74esimo anniversario della Liberazione l’amministrazione comunale di Somma Lombardo, come da tradizione degli ultimi anni, ha voluto ricordare un partigiano sommese. Dopo Bruno Colombo e Isaia Bianco è stata la volta di Carlo Mossolani, classe 1920, morto a 24 anni ad Auschwitz.
Come ricorda Carlo Ferrario nel volume “Patrioti sommesi morti per la libertà”, Mossolani fu arrestato dalle SS tedesche il 22 marzo 1944 per propaganda antifascista. Fu incarcerato a Milano, Fossoli e Bolzani prima di partire per il campo di concentramento di Mauthausen il 5 agosto, ultimo giorno di cui si ebbero sue notizie.
Nel corso della commemorazione è stata letta la testimonianza, raccolta da Ermanno Bresciani, di un altro partigiano sommese, Gianfranco Mazzini, che per ultimo vide vivo Mossolani: “Bisogna aspettare, lasciare che quegli spiccioli di memoria escano come e quando ne hanno voglia; possiamo solo sperare di esserci nel momento in cui una persona decide di seminare i propri ricordi, per poterli raccogliere e portare a casa. Il tempo giusto per ogni cosa prima o poi arriva. In tutta sincerità devo ammettere che anch’io a volte ho sbagliato; come per esempio l’anno scorso, durante una visita al Campo di Concentramento di Fossoli. Era la prima volta che vedevo quel luogo, ma per Gianfranco, il Partigiano che mi accompagnava, si trattava di un ritorno. Nel marzo del ’44 arrestarono il suo amico Carlo con l’imputazione di propaganda antifascista. Rinchiuso a San Vittore fu in seguito trasferito al Campo di Concentramento di Fossoli”.
“Gianfranco mi disse che c’era un legame umano e politico molto forte tra lui e Carlo, doveva trovare il modo di rivederlo, parlargli, cercare di fare qualcosa. Decise, insieme ad un altro Partigiano, di recarsi a Fossoli. Raggiunsero Carpi e si nascosero presso alcuni compagni del luogo, poi una mattina si recarono nelle vicinanze del campo; al di là della rete riconobbero Carlo e si avvicinarono. Quando lui li vide scoppiò a piangere. -Andate via! Andate via! – gridò – Se vi vedono parlare con me vi arrestano. Tornarono a casa con l’amara consapevolezza che per Carlo non c’era altro da fare, se non cercare di continuare la Resistenza che lui aveva cominciato. Vicino all’ingresso del Campo chiesi a Gianfranco di indicarmi il punto dove vide Carlo, ma lui, commosso e con una voce alterata dall’emozione, mi disse: – Non lo so… non lo so! Qui intorno diverse cose sono cambiate. Domanda inutile la mia, perché Gianfranco stava pensando ad altro: al volto di Carlo che non rivide più, ma rimase per sempre impresso nella sua mente.”
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