Bentivogli: “Bisogna fare il sindacato della buona notizia”
Il segretario nazionale della Fim Cisl è intervenuto alla presentazione del libro "Tratti di memoria, dalla Ignis alla Whirlpool" di Rinaldo Franzetti
Non accade spesso che un leader sindacale nazionale intervenga alla presentazione di un libro al di fuori dei normali impegni dell’organizzazione che rappresenta. Ma Marco Bentivogli, segretario generale della Fim Cisl, è uno a cui piace rompere gli schemi consolidati. E così mercoledì pomeriggio si è presentato puntuale alla Whirlpool di Cassinetta di Biandronno per presentare il libro di Rinaldo Franzetti, “Tratti di memoria, dalla Ignis alla Whirlpool”. (nella foto da sinistra: Rinaldo Franzetti, Marco Bentivogli e Paolo Carini)
Il volume, che ripercorre la storia del sindacato all’interno dell’azienda di elettrodomestici fondata dalla famiglia Borghi nel secondo dopoguerra, propone una narrazione che lo stesso Bentivogli ha definito «epica». Le lotte per il riconoscimento dei diritti fondamentali dei lavoratori rivelano nel racconto di Franzetti tutta la loro potenza evocativa. «Questo libro – ha detto il segretario nazionale della Fim Cisl – pone una questione che in questo Paese viene liquidata troppo facilmente: l’importanza della memoria. È vero che in un momento di smarrimento collettivo le soluzioni non sono solo nel passato, ma nella memoria possiamo trovare quei valori di fondo che possono guidarci nel presente».
Bentivogli cita Pierre Carniti, già segretario nazionale della Cisl: «Bisognerebbe almeno iniziare a fare errori nuovi e non ripetere quelli già commessi, perpetuandoli». Riconoscere gli errori semmai può aiutare a rimettere in carreggiata alcune narrazioni fasulle. «Se parliamo di Europa – continua il sindacalista – non possiamo dare la colpa all’euro per le delocalizzazioni massicce fatte dalle imprese negli anni Novanta, visto che allora c’era la lira. Le responsabilità sono tutte umane».
La narrazione fatta da Franzetti trova nel cambiamento e nella capacità di reazione del sindacato i due assi portanti di una storia di relazioni sindacali sul territorio considerata da sempre virtuosa, ma le risposte a una fabbrica che cambia sotto gli strappi tecnologici, il sindacato deve trovarle nel diritto soggettivo alla formazione. «Non basta dire faccio sindacato per essere un buon sindacalista – spiega Bentivogli – ma bisogna saper cogliere i reali bisogni di chi si vuole rappresentare, portare competenza e al tempo stesso ribadire il legame di solidarietà che c’è tra i lavoratori».
Non è facile come dirlo perché, per esempio, per contrattare in modo efficace un algoritmo, occorrono competenze adeguate e la consapevolezza dei valori che stanno alla base dell’azione sindacale. Le nuove generazioni, secondo il segretario provinciale della Fim, Paolo Carini, e la rsu della Whirlpool, Tiziano Franceschetti, avendo una formazione culturale meno soggetta a schemi ideologici, se accompagnati con una formazione mirata, sono in grado di gestire questo passaggio epocale.
Il passato per Bentivogli non è una terra straniera, anzi, mentre sfoglia il libro di Franzetti, una foto fa riaffiorare insieme ai ricordi un’inaspettata nostalgia. «Oggi c’è un’inaridimento generale, ma se penso alla Flm (Federazione lavoratori metalmeccanici, ndr) qualche invidia ce l’ho. Far parte di quel mondo ti scaldava il cuore perché lo spazio sindacale era generativo, aperto e libero. Ricordo un incontro molti anni fa con due delegati in Alfa Romeo, uno era maoista e l’altro di cielle, ma entrambi erano metalmeccanici».
Quando si parla di sindacato in azienda non ci sono soluzioni precostituite e, secondo il segretario nazionale della Fim, sarebbe un errore riproporre schemi di contrattazione del passato a realtà che oggi affrontano la transizione digitale. Il cambio di paradigma dunque non può essere declinato ancora una volta rifacendosi all’idea di produzione fordista o a logiche verticistiche. Bisogna invece avere il coraggio di parlare e diffondere quei modelli che puntano ad aggregare e non a disgregare, a valorizzare l’intelligenza e il lavoro in team, a preferire la competenza al facile populismo rivendicativo. «È uno scarto culturale importante – conclude Bentivogli – che guarda in prospettiva e abbandona le retoriche morte. Fare il sindacato della buona notizia si può».
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