«Grazie a quanti ci hanno aiutato a salvare i boschi»

Così il sindaco Valerio Peruggia il giorno dopo l’incendio. Sul banco degli imputati sempre l’imperizia umana e lo stato delle foreste di casa nostra

Il Canadair sul Lago Maggiore

Alla fine l’acqua dal cielo è arrivata due volte: oltre ai 450 mila litri lanciati da due Canadair e due elicotteri dell’antincendio boschivo regionale, nella serata di giovedì anche la pioggia è servita per dare il colpo finale agli ultimi focolai, ai bracieri nascosti sottoterra che al primo soffiare del vento spesso sono in grado di riaccendere il fuoco.

Così in Val Dumentina si tira un sospiro di sollievo per il rogo che a cavallo fra la festa del Primo Maggio e il rientro di giovedì ha tenuto impegnate decine di uomini per lo spegnimento.

«E per questo voglio rivolgere un grande ringraziamento ai tanti volontari dell’antincendio boschivo, al personale dei vigili del fuoco, dei carabinieri e dei colleghi forestali e ai tanti cittadini che hanno dato una mano per avvertire i soccorsi prima e spegnere le fiamme poi», ha affermato Valerio Peruggia, sindaco di Dumenza.



Del resto le cose mercoledì pomeriggio si erano messe male: una prima telefonata al 112 parlava di fiamme partite alle Pezzacce, una località alle pendici del monte Colmegnino, fiamme vive che bruciavano alberi verdi: fumo chiaro visibile anche dalla sponda piemontese del Verbano.

Una prima pattuglia dei carabinieri forestali di Luino arrivò sul posto per raccogliere i primi indizi legati alla dinamica che è «coperta da segreto delle indagini», come ricordano dai vertici provinciali dei militari forestali. A quanto pare, sembra tuttavia escludersi la matrice dolosa, e quella che appare più accreditata risulterebbe piuttosto l’imprudenza (ma niente barbecue, come avvenuto per il maxi rogo in provincia di Como a inizio anno, si tratterebbe di altro); su questo saranno le indagini di questi giorni a fare luce.

Nel frattempo l’incendio stava marciando in maniera spedita, su due fronti all’interno di un ripido canalone. Supportate dal vento le fiamme hanno prodotto un rapido “effetto camino” che si è divorato i 15 ettari di bosco muovendosi su di un dislivello di circa 300 metri: le fiamme partite da quota 600 sono arrivate ai circa 900 metri e poi sono state fermate nella mattinata di giovedì.

«È stato provvidenziale il lavoro dei mezzi aerei», ha spiegato Peruggia, «ma l’intervento delle squadre di terra è stato davvero tempestivo: non abbiamo per fortuna mai dovuto pensare all’evacuazione di case. Solo se il fuoco si fosse mosso verso destra avrebbe potuto mettere a rischio un rifugio, rischio per fortuna scongiurato».

Il risveglio in fiamme sopra il lago di Ghirla


Il sistema di intervento ha funzionato, e con un pizzico di fortuna le condizioni meteo hanno aiutato a non ripetersi le scene drammatiche vissute solo qualche mese fa alla Martica e poi a Ghirla (foto), sul Mondonico, con i macabri spettacoli luminosi rilanciati sui social che mostravano le alte lingue di fuoco mangiarsi un patrimonio boschivo che impiegherà anni per ricrearsi (e decenni, se si calcolano le parti alte della Martica dove roverelle ed eriche centenarie sono andate distrutte per sempre).

Ma oltre al dolo criminale, e alla “quasi bufala” dell’autocombustione, sul banco degli imputati rimangono due fattori importanti. Ci sono l’imperizia e l’imprudenza umana nell’accendere fuochi o fiamme all’aperto anche con la chioma verde che sta per diventare definitivamente foglia.

E poi lo stato dei boschi, con importanti accumuli di legname che sono il combustibile ideale, dopo qualche giorno di assenza di piogge, con cui fare i conti in caso di incendio.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 03 Maggio 2019
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