Cultura e bellezza per il futuro della città
Un giro nel centro città per scoprire un nuovo modo di vivere la bellezza, oltre che fisica, spirituale: è il terzo giorno di #territorintour
Il futuro di Varese è in mano alla bellezza: spirituale e paesaggistica, e anche culturale. Un patrimonio che non manca affatto nella città, ma si presenta in maniera carsica e si è mostrato, fino ad ora, molto timidamente. Per sostenere l’economia è arrivato, però, il momento di tirare fuori tutti questi talenti che erano finora poco noti.
Il suggerimento arriva da tutti quelli che da posizioni diverse e da luoghi esterni riescono a vedere la città giardino con uno sguardo nuovo: «Varese è una città deve andare avanti partendo dalla propria storia imprenditoriale ed economica ma anche dalle sue risorse di condivisione – Spiega il prevosto di Varese, monsignor Luigi Panighetti, milanese di nascita e nella città giardino da solo 4 anni – in questo Varese ha davvero molto. È importante la quantità di gruppi di volontariato che qui operano senza sosta: e questa è una buona notizia, soprattutto per le sfide che ci riserva il futuro».
Il futuro che il prevosto affronta «In una città che ho trovato fin da subito bella, sia dal punto di vista paesaggistico che dal punto di vista dei monumenti, che raccontano della città una storia lunga e importante».
Di questo patrimonio di bellezza, però, si devono rendere conto innanzitutto i suoi cittadini: «I varesini devono diventare sempre più consapevoli delle cose belle che hanno – sottolinea infatti Don Michele Barban, presidente del centro Gulliver, che da comunità di recupero per le tossicodipendenza ora è diventata anche operatore culturale, gestendo il teatro Santuccio e l’isolino Virginia – Non devono limitarsi a rimpiangere i tempi delle banche e dell’artigianato, ma guardare anche al grande patrimonio che c’è. Cultura è anche consapevolezza dei propri valori»
Una consapevolezza ben chiara a Stefano Beghi, direttore artistico di Karakorum Teatro, che ha rivitalizzato la “Piramide” delle Bustecche con lo Spazio Yak, centro dove si fa teatro di livello nazionale ma si anima anche il quartiere: «quella di mantenere la propria sostenibilità economica è la vera sfida culturale del nuovo millennio».
Ma non è una sfida impossibile: «La città sta subendo una significativa trasformazione per posizionamento, apertura, interesse – spiega il sindaco di Varese, Davide Galimberti, da villa Mirabello, dove è aperta in queste settimane la mostra di Guttuso -. E un aspetto importante è quello della cultura, in passato sottovalutato e ora al centro della politica amministrativa non solo del comune. Varese ha un patrimonio dato dal suo paesaggio e per questo abbiamo istituito un festival che sta crescendo. Ma questo è solo l’inizio: l’obiettivo è raggiungere il bacino gravitazionale nell’area milanese e i Giochi olimpici rappresentano ulteriori opportunità».
Del resto Varese è già cambiata: in attesa della sua nuova identità la prima l’ha già persa: «Le vecchie botteghe non esistono più, cambiano magari di proprietà e lasciano il posto alle catene – a spiegarlo è Christian Spada, agente immobiliare specializzato in strutture commerciali e riqualificazioni di aree dismesse, che racconta come questo sia: «Un processo inevitabile e irreversibile, non solo varesino. In città c’è un tendenza che si sta già rafforzando: quella di aumentare i locali. E cosi io vedo Varese nel futuro. I negozi di quartiere, e i servizi decentrati, potrebbero stare invece nelle aree ora dismesse: una tendenza anglosassone che ha senso anche qui, e l’area ex Enel potrà rappresentare un buon esempio».
Nel frattempo, li centro si attrezza: nelle già note aree della movida, in via Cattaneo e in piazza Giovine Italia, ma anche in nuovi punti che si stanno espandendo ora, come quello delle vie Robbioni e Del Cairo: e un esempio è quello di Federico Lodi Rizzini, il proprietario di Basili&Co: un ligure-varesino che abitava a Genova fino all’anno scorso, ma ha deciso di investire nel suo locale proprio qui, a Varese. «Quando ho deciso di aprire l locale ho pensato: “In fondo, vengono sempre a Genova a mangiare la focaccia: magari se gliela porto io a Varese funziona».
Un’idea vincente, che non funziona solo con la ristorazione: «Siamo sarti da tre generazioni, ma da qualche tempo a questa parte assistiamo a un cambiamento di clientela: prima erano persone in età, con determinate professioni. Ora sono molto più giovani, e ci cercano per il puro piacere di avere un abito su misura – Spiega Mariangela Cleopazzo della sartoria Vergallo, all’angolo di via Rossini a Varese – Senza contare che l’attività di mio fratello Gianni, il sarto di famiglia , conta almeno il 30% di clienti a Londra, dove si reca ogni mese». Segno che in una città viva anche le attività meno scontate, come il fine artigianato su misura, hanno uno spazio di livello internazionale.
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