Dalla fabbrica all’università, la città che cambia dista pochi metri
Il racconto dell'ultima giornata del progetto "Territori in tour" a Varese città
Se dobbiamo eleggere un simbolo della Varese che cambia, alla fine del tour che ci ha portato in diverse realtà della città, questo sarebbe l’azienda meccanica Regnani: 70 anni di vita, l’azienda nel 1963 si è trasferita in un terreno a metà di viale Borri, ai confini con il terreno dell’ex ospedale psichiatrico, che allora era piena campagna, e da li svolgeva il lavoro che diverse attività analoghe facevano in Varese: ora è circondata dai condomìni ed è rimasta praticamente l’unica azienda meccanica della città.
Con grande soddisfazione, perchè è passata indenne attraverso varie crisi e ora si appresta a consegnare tutto un patrimonio di innovazione “storica” (Quasi tutto del geniale papà Flaminio, che inventò, senza brevettare, diverse macchine di precisione che fecero successo nelle fiere nazionali) alla terza generazione, rappresentata dai figli di Franca e Claudio, gli attuali proprietari. Ma in quasi totale solitudine. «Una volta eravamo solo una delle industrie meccaniche dei dintorni della città. Ora la nostra ditta è praticamente in centro città, sembra quasi fuori posto, mentre come azienda siamo rimasti soli» spiega Franca Regnani. Una fotografia di quanto la città sia già profondamente cambiata, in meno di una generazione.
E non è solo diventata turistica, una vocazione che ancora deve imparare a governare e rendere forte dal punto di vista identitario, ma per la quale si sta già preparando, anche a livelli più popolari: «L’indirizzo alberghiero e alimentare è di gran lunga il più gettonato, complici anche le trasmissioni televisive che vedono protagonisti i cuochi – spiega la presidente del consiglio di amministrazione di Agenzia Formativa Varese, Rosa Ferrazzi – Però va sottolineato che comunque si formano in una provincia che diventa sempre più turistica e che di lavoro ne offre davvero parecchio».
Persa la sua vocazione artigianale e industriale, Varese è diventata una città di servizi ad alto livello: sanitari e formativi, per esempio. «L’ospedale del Ponte ha subito una trasformazione che non è solo architettonica, con i suoi bei muri colorati: ma è soprattutto un lungo lavoro di trasformazione delle professionalità – spiega Massimo Agosti – Un lavoro che ha portato, potendo realizzare un nuovo reparto di terapia intensiva neonatale, allo studio di stanze che possano accogliere le madri dei bambini prematuri in stanza 24 ore su 24. Un metodo che esiste nei paesi anglosassoni, ma che in Italia c’è solo in due reparti, uno dei quali è al del Ponte».
E anche una città di formazione avanzata, quando poco più di vent’anni fa sembrava una cosa impossibile: «Abbiamo convenzioni con 300 atenei in tuto il mondo, per permettere ai nostri studenti di fare un periodo di studio o di formazione avanzata all’estero – spiega Giorgio Zamperetti, professore delegato all’internazionalizzazione dell’università dell’Insubria — Ma qui arrivano anche parecchi studenti esteri: non solo dalla vicina Svizzera o dall’Europa, ma anche dai paesi dell’est e dell’estremo oriente, in particolare Cina. Una tendenza che vogliamo rafforzare, istituendo un bando per i migliori studenti esteri che vogliano venire a studiare qui».
E che ha creato anche un piccolo movimento di “mutuo soccorso” per studenti: «Ci chiamiamo Erasmus angels e siamo non solo riconosciuti dall’ateneo, ma anche dalla rete europea delle associazioni Erasmus – spiega Federico Colangelo, presidente degli Erasmus Angels – e il nostro obiettivo è quello di assistere e aiutare ad entrare nella comunità di studenti dell’insubria i giovani che vengono a studiare qui grazie a questo progetto». spiega, nei giardinetti dell’ex ospedale psichiatrico che ora fa da fulcro delle sedi dell’Università, racontando dell’incontro tra studenti indiani, russi e europei che si svolge nella città giardino.
Un futuro che quasi non si vede, ma che si costruisce in luoghi spesso meno noti della città: come quelli delcampus universitario, o come in Casamatta, progetto che sta in realtà ai bordi della città (nella frazione Mulini di Gurone, più precisamente) ma che con la città dialoga continuamente.
«Casamatta è un avamposto di economia circolare. Un luogo dove creare laboratori e realizzare opere derivanti dal riuso, dal forno comune alle panchine – spiega Marco Zanini, progettista e assistente al politecnico di Milano – Dai workshop ai lavori per la realizzazione di un ostello, sono tanti gli spunti che escono da qui» spiega il giovane architetto, che attraverso questa ispirazione sta facendo una partire una start up particolare, destinata al mondo delle costruzioni: «Si chiama ReSign, ed è una sorta di Subito.it per i materiali da costruzione già usati: dalla piastrelle della nonna alle vecchie porte, dai mattoni usati alle travi». Una buona idea per prolungare la vita dei materiali, anche urbanistici, e per creare un legame virtuoso tra antico e moderno, adeguandosi al nuovo mondo senza dimenticare niente.
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