“Quell’ingannevole bellezza” nelle opere di Carlo Terpolilli
Abruzzese, socio fondatore dello studio d’architettura fiorentino Ipostudio negli anni '80, Terpolilli ha "volato alto" nell'ultimo appuntamento prima delle vacanze di Thinking Varese

L’ultimo appuntamento prima della pausa estiva di Thinking Varese, la rassegna di incontri -testimonianza organizzata dall’ordine degli architetti di Varese a Villa Panza con i più importanti rappresentanti mondiali della loro professione, è stato un racconto a capitoli: e a farlo, con spirito di confronto, è stato Carlo Terpolilli, abruzzese, socio fondatore dello studio d’architettura fiorentino Ipostudio.
Nato nel 1983, fucina di nuove idee nei campi più disparati, sintetizzare la loro attività è davvero difficile, anche per chi ci lavora. Tant’è vero che: «Cercando, con fatica, di trovare un elemento emblematico da raccontare o una sintesi, ho finito per preparare una descrizione a capitoli, come nei film di Quentin Tarantino – ha spiegato Terpolilli – All’inizio, quando le opere importanti erano due o tre, era facile raccontarsi, dopo tanti anni non è più cosi».
Del resto, è straordinario l’eclettismo dei progetti di Ipostudio (Nome nato per minimizzare il “Superstudio” nato alcuni anni prima di loro e già famosissimo), che va dl campus di studenti all’ospedale, dalla banca alla biblioteca.

Per raccontare tutto questo dunque, una serie che comincia da un capitolo zero intitolato: “Quell’ingannevole bellezza: «Perchè noi inseguiamo disperatamente questa questione che si chiama bellezza, ma ci rendiamo anche conto che non ha a che fare con la perfezione, e quasi sempre è un punto di vista personale».
E si conclude con un capitolo dedicato ai fallimenti, a ciò che poteva essere e non è stato: “architetture che non prenderanno mai la luce”: perchè anche quello del fallimento è un argomento di chi ha un mestiere collocato nella sfera artistica.
Terpolilli, che ora è al lavoro con i suoi colleghi a pochi chilometri da Varese per la riqualificazione dell’ospedale civile di Lugano, ha promesso di ritornare presto.
«Varese è una scoperta – ha infatti confessato – E’ uno di quei luoghi che dici di conoscere, ma dove non ti capita mai di andare. E invece ci devi andare: la villa da cui parlo (Villa Panza, ndr) è straordinaria, perché racconta del lavoro, riuscitissimo, di incastonare il contemporaneo nella storia. Vi ringrazio per avermi dato l’opportunità di conoscere un luogo straordinario come questo, torneremo e lo faremo vedere anche agli amici»
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