“Ho scritto ad Isabel che non era sola, ma era troppo tardi”
Dopo la pubblicazione della foto della mamma che ha sfilato al Pride di Varese con un cartello dedicato alla figlia "vittima di bullismo", abbiamo ricevuto una lettera da una ragazza che racconta il suo rapporto con questa giovane diventata, per lei, un simbolo

Quella di Isabel Gianoncelli è una tragedia che colpisce, che scava nel profondo e lascia senza parole. Si è tolta la vita nel giugno del 2014: l’hanno trovata dopo settimane di ricerche, impiccata ad un albero in un bosco non lontana dalla casa dove viveva con i genitori. Mamma tedesca e papà italiano, studentessa della Scuola Europea (si è tolta la vita a pochi giorni dall’esame di maturità), calciatrice e appassionata di musica, Isabel ha lasciato dietro di se rimpianti, dolore e tristezza. Sua mamma Birgit ha lottato per riaverla quando era ancora viva la speranza di riportarla a casa con numerosi appelli a “Chi l’Ha Visto?”, poi ha fatto di tutto per tenere vivo il suo ricordo, partecipando alle commemorazioni (per qualche anno è stato dedicato a Isabel un torneo di calcio femminile) e soprattutto sfilando al Pride 2019 di sabato 15 giugno a Varese con un cartello appeso allo zaino che ha fatto il giro del web: “Questa marcia la faccio per te Isabel, e per tutte le vittime che si sono suicidate per bullismo dentro le mura delle scuole. Tua Ma”. Ieri, da Alessandra, abbiamo ricevuto questa lettera che volentieri pubblichiamo. (T.G.)
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Gentile redazione di VareseNews,
vi scrivo per chiedere il vostro aiuto per rintracciare la mamma di Isabel, la donna che durante il Pride a Varese ha partecipato alla parata in memoria della figlia Isabel, suicida a causa del bullismo, o nel caso ciò fosse impossibile per motivi di privacy, vorrei che questa mia lettera fosse pubblicata nella speranza che lei la possa leggere.
Quando stamattina ho letto il vostro articolo, ho creduto di riconoscere in quella donna la madre di Isabel Gianoncelli, la ragazzina di 17 anni di Cocquio Trevisago morta nel giugno 2014. All’epoca avevo seguito la vicenda con molta partecipazione: anche la redazione di VareseNews si occupò del caso, che all’inizio faceva pensare a un allontanamento volontario.
Appena la foto di Isabel cominciò a circolare sui giornali e nelle trasmissioni tv, ipotizzai che lei potesse essere scappata di casa proprio a causa delle prese in giro dei compagni: a 17 anni la cosa più importante sono gli amici, è sentire di appartenere a un gruppo, e la sensazione di isolamento, per via di una presunta “diversità”, ti divora l’anima.
Alle medie anche io sono stata vittima di bullismo omofobico, e so che la sofferenza di sentirsi respinti e umiliati per ciò che si è, può diventare un peso che ti schiaccia e ti lascia senza respiro e ti fa cadere in un buco nero di vergogna e solitudine.
Mentre le ricerche delle forze dell’ordine proseguivano, cercai Isabel su Facebook e le scrissi un messaggio in privato, che più o meno suonava così: “Ciao Isabel, non ci conosciamo, ma volevo dirti che, anche se adesso ti sembra tutto un casino, le cose si risolveranno, andrà tutto per il meglio e tu avrai una vita bellissima”. Messaggio che però lei non lesse mai: quando lo scrissi lei si era già tolta la vita. Appena i giornali diedero la notizia, ne rimasi sconvolta, e non mi scordai più il suo nome e il suo volto, tanto che in questi anni mi è capitato molte volte di parlare di lei.
Se la mamma di Isabel che ha sfilato al Pride è la mamma della mia Isabel, quella di cui ho custodito la memoria, vorrei solo dirle che io non mi sono mai dimenticata di lei, e che è stata sempre nei miei pensieri, diventando uno dei motivi che mi hanno spinta a fare attivismo e a lottare contro ogni discriminazione.
Gentile mamma di Isabel, nel ricordo lei non è sola.
Grazie mille per l’attenzione,
Alessandra
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