Candiani: sì alle Province, no alla fusione dei comuni
Durante la Conferenza nazionale dei piccoli Comuni, il sottosegretario agli Interni ha parlato del ripristino delle province, delle tutele per gli amministratori locali e del discusso taglio dei fondi ai comuni che si sono fusi
Tra i momenti più attesi della XIX Conferenza nazionale dei piccoli comuni, tenutasi a Gornate Olona venerdì e sabato scorso, c’era indubbiamente l’intervento di Stefano Candiani. Il sottosegretario agli Interni ha speso parole di stima nei confronti del ruolo degli amministratori locali, da tutelare maggiormente come richiesto da Anci, ha ricordato la rilevanza delle province e la necessità che siano ripristinate e, a margine del suo intervento, ha puntualizzato su quale sia la visione del Governo dinanzi all’elargizione di fondi straordinari per le fusioni fra diversi municipi.
LO STATO NON SOSTIENE LA FUSIONE FRA I COMUNI
Taglio ai fondi ai comuni che si sono fusi: si tratta di un tema diventato caldo nelle ultime settimane e che ha iniziato ad allarmare alcuni sindaci, anche della provincia di Varese, preoccupati per la riduzione dei contributi statali per le fusioni. Candiani non nega che da Roma si intenda procedere in un’altra direzione: «È indubbio che il meccanismo che ha spinto i comuni a fondersi, in funzione di contributi straordinari, è stato un po’ galeotto, perché, mentre l’obbiettivo dichiarato all’inizio era quello di ridurre i costi, in realtà, la sommatoria dei fondi erogati a chi si è unito è maggiore rispetto a quanto dato ai piccoli comuni che non si sono fusi. Tutto questo è un paradosso».
La volontà è quella di trovare altre forme per aiutare le finanze municipali: «I comuni devono avere la possibilità di gestire assieme, in maniera volontaria, i servizi, non commettendo l’errore di pensare che i contributi statali per la fusione possano essere una panacea per tutti i problemi municipali. Il risultato è che ci sono comuni che si sono uniti anni fa, ma una volta terminati i contributi straordinari, si ritrovano ancora nella carenza di risorse: a quel punto non hanno più la loro autonomia di gestione del territorio perché si sono fusi al comune accanto. Il nostro Governo vuole aiutare i comuni, abbiamo stanziato 400 milioni di euro per i comuni sotto i 20mila abitanti per realizzare opere utili: una manovra che non vuole essere una tantum, ma che vorrebbe stabilizzarsi nel bilancio dello stato, affinché i comuni possano tornare ad avere le risorse per fare le opere».
Fondi che arriveranno per altre vie, quindi, ma non per le fusioni più giovani. «Nella conferenza Stato-Città del 6 giugno, è stato deciso in accordo con Anci di mantenere i fondi per quei comuni che hanno fatto una fusione più “vecchia”, ma non per quelli che si sono uniti più recentemente».
Rimane aperto il problema per quei comuni che si sono fusi da poco, che avevano la certezza di poter attingere a fondi che ora non arriveranno. Su questo punto Candiani non dà una risposta ma ribadisce che «se c’è un impegno preso, pur non condividendolo, verrà mantenuto. Occorre cercare in qualche modo di dar loro delle risorse e cercheremo di fare qualcosa in tal senso. In ogni caso, ribadiamo che nell’;ottica di appoggiare i comuni, noi non sosteniamo la loro fusione».
RIPRISTINO DELLE PROVINCE, MA SOLO DOVE NECESSARIO
«Bisogna rimettere in funzione le province perché sono l’elemento connettivo fra i comuni e le regioni» ha detto Candiani apertamente al pubblico di sindaci e operatori locali
presenti, lasciando intendere che l’argomento sia in discussione con gli alleati di governo: «Le tempistiche sono necessariamente legate ad uno sblocco a livello politico. È importante che il movimento Cinquestelle capisca che nelle province non c’è uno spreco di risorse, ma sono punti di collegamento fondamentali fra i comuni, il territorio e le regioni. La forbice fra comune e regione è troppo ampia affinché sia di aiuto e sostegno – spiega il sottosegretario agli Interni, che ammette gli errori fatti precedentemente – È indubbio che in passato ci sono state delle scelte sbagliate di microparcellizzazione,
creando province anche con un numero di abitanti limitato e senza una funzione reale operativa: occorre quindi rivederne i criteri, ma comunque rimettere in attività le province perché le strade devono essere sistemate senza voragini, i ponti devono essere fatti e le scuole siano mantenute».
NO ALL’ABUSO D’UFFICIO PER I SINDACI
Candiani abbraccia la richiesta fatta a gran voce dagli amministratori locali durante la giornata: maggiori tutele per chi prende decisioni per il territorio. «Il nostro Paese ha nei sindaci e nei comuni un punto di riferimento, mentre negli ultimi anni abbiamo assistito ad un’opera costante di demolizione delle istituzioni, facendole sempre apparire come luoghi di spreco e malgoverno. La realtà è che se purtroppo qualche esempio di cattiva politica c’è stato, non deve diventare un paradigma per demolire un’intera istituzione. Occorre quindi ridare dignità e un ruolo preciso ai sindaci, che spesso, nei comuni più piccoli, fanno il loro lavoro come volontariato e che assumono delle responsabilità a cui sono tenuti a rispondere in prima persona. Abbiamo bisogno di una riforma dell’abuso d’ufficio perché se un amministratore si trova a dover decidere se fare o no una cosa, con il rischio di essere denunciato, questo non significa aiutarlo a governare, ma bloccare i progetti – spiega Candiani, che conclude con una metafora – Nel momento in cui il chirurgo sta facendo un’operazione al cuore, se si ferma per pensare alle conseguenze di un eventuale errore (perché non ha un’assicurazione che lo tuteli), il paziente muore: i sindaci sono i nostri chirurghi sul territorio, se non li tuteliamo e non consentiamo loro di operare con garanzie e serenità, senza pensare alle conseguenze, non permettiamo loro di prendere decisioni e quindi di governare».
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