Tra innovazione e tradizione, così Gallarate si prepara al futuro
I palazzi e le fabbriche dismesse da recuperare, le aziende che si aprono all'innovazione. Ma Gallarate è anche agricoltura e formazione.
Passa dagli edifici, che mutano forma. Ma anche dalle persone che quegli edifici vivono, riempiendoli di nuove attività. Il cambiamento della città di Gallarate si muove in equilibrio tra tradizione ed innovazione, regalando anche sorprese come quelle rappresentate dalle aziende agricole attive a nord della città. Ecco il racconto della tappa gallaratese di #territorintour, il progetto di Varesenews e Confartigianato Varese per raccontare il territorio che cambia.
Il recupero edilizio
Il cambiamento di Gallarate è legato a doppio filo al recupero degli edifici abbandonati. Siano stati residenziali o produttivi, sono diversi gli immobili storici presenti nella città dei Due Galli. E quella di trovare loro una nuova funzione è una delle sfide per definire il futuro della città. Uno degli esempi meglio riusciti è rappresentato da quella che un tempo fu la tessitura Bellora, in via Leonardo da Vinci: esempio di archeologia industriale ben conservata, che oggi ospita aziende artigiane, un’agenzia di comunicazione, addirittura un birrificio artigianale con annesso ristorante. Esempio analogo è rappresentato dall’ex Majno, tra il centro e la Cascinetta. Qui, oltre alle aziende, c’è anche un luogo dedicato alla cultura: è Spazio 23, un locale dedicato all’arte e alla musica e gestito da un’associazione.
Un recupero edilizio che sta toccando anche il centro storico. Alberto e Silvia Colombo stanno seguendo il recupero dell’immobile di piazza Garibaldi che ospita la storica farmacia Dahò. «Ormai», spiegano, «si cerca sempre più spesso di recuperare gli edifici d’epoca: anche noi come impresa ci siamo specializzati, oltre al nuovo, anche nei recuperi». Un cambiamento capace insomma di conservare le vestigia del passato. Certo, non sempre fila tutto liscio. Dall’altra parte della stessa piazza il recupero di un palazzo è fermo da dieci anni, con un cantiere abbandonato a due passi dalla zona a traffico limitato. E come dimenticare la trasformazione dell’ex Borgomaneri nel centro commerciale “Il Fare”, chiuso anche questo al pubblico da un decennio e in attesa di una nuova destinazione.
Senza dimenticare che recuperare un edificio significa anche trasformare la società. «Ricordo la via Manzoni abitata, ricordo lo stabile qui sotto i portici: molte parti sono state riammodernate ma hanno perso le persone. Oggi il centro vive quando ci sono degli eventi» racconta Salvatore Benvenga, fotografo membro del fotoclub Il Sestante e memoria fotografica della città. Eppure quello del recupero degli edifici abbandonati resta un tema centrale. Lo era anche nella variante generale al piano di governo del territorio, ritirata dalla giunta dopo che l’inchiesta “Mensa dei poveri” ha travolto la politica non solo cittadina. «Buona parte dei contenuti di questo provvedimento restano a mio avviso necessari per la città», rivendica il sindaco Andrea Cassani, «come appunto la scelta di puntare sul recupero del centro storico a regime d’azione. Chi conosce il centro sa che ci sono parecchi edifici abbandonati e in questo momento non c’è la volontà o la forza economica per fare fronte al recupero di questi palazzi».
Altro elemento centrale per la pianificazione urbanistica della città di domani è l’area del Casermone, ex deposito dell’Aeronautica militare, ma soprattutto delle ex Officine Fs, 30mila metri quadri negli ultimi anni fucina di degrado. In attesa che il gruppo Fs le valorizzi, il comune ha trovato un accordo con un’associazione di soft air. Che, oltre ad utilizzarle come campo da gioco per le loro battaglie simulate, garantiscono un presidio di questa zona, altrimenti abbandonata a sé stessa. A due passi dalla stazione, allo Sciarè, un ultimo esempio virtuoso di recupero di spazi dismessi: B-Smart Center, nato nel 2014 come spazio di coworking e business center all’interno di una vecchia fabbrica, all’interno del quale si trovano aziende attive in settori diversi, dal medicale all’e-commerce, che hanno scelto questo luogo per la sua vicinanza alla stazione.
L’innovazione
Che siano aziende storiche o start-up che ancora non si stanno confrontando con il mercato, la spinta verso l’innovazione è il minimo comune denominatore di tante imprese attive a Gallarate. C’è Valerio Fumagalli della EGV1, al quale Alitalia ha ritirato un ordine da 1,5 milioni di euro per la realizzazione delle divise di piloti e assistenti di volo. Invece di portare i libri in tribunale, si è reinventato e ora metà del suo fatturato arriva dai capi per la MotoGp e la Formula 1. O Gianbattista Galuppi, che da idraulico si è reinventato mastro birraio: oggi A tutto malto produce 40 ettolitri di birra l’anno e lui nel fine settimana gira l’Italia con un camioncino per lo street food in cui serve i prodotti delle sue cotte.
Innovazione che oggi significa anche investire nell’industria 4.0. Come hanno fatto i fratelli Massimiliano, Sabrina e Fabio Provasoli, che insieme gestiscono la GiEmmePi, azienda artigiana che produce macchine termoadesivatrici, usate nel tessile e nell’automotive. L’azienda ha abbracciato la rivoluzione dell’automazione, «anche se è una realtà ancora poco acquisita dai clienti», che non sempre ne colgono le potenzialità. Anche la falegnameria Effegieffe si è convertita al digitale. Un cambiamento che, unito a quelli socio-economici, hanno cambiato anche la clientela, sempre più di fascia medio alta e che arriva qui su consiglio degli architetti in cerca di mobili realizzati su misura.
E poi ci sono le start-up, come Pro/Tech/to. Fondata da Mattia Giaretta, Davide De Gregorio e Attilio Manni, l’azienda ha realizzato un gilet per gli operai e i muratori che diventa un vero e proprio airbag in caso di caduta. Il prodotto sarà lanciato sul mercato nell’autunno di quest’anno. Abituata al cambiamento e all’innovazione è anche Hagam, agenzia di comunicazione che ha vissuto prima la rivoluzione digitale, quindi il cambiamento portato dalla nascita dei social network. Gallarate rimane strategica, una sede vicina al polo più importante d’Italia, sia per la comunicazione che per la produzione», raccontano Giuseppe Sangiorgio e Gianluca Gibilaro, due dei soci. Oltre che su Milano, oggi i clienti di questa realtà si trovano in tutta Italia.
La formazione
Un mercato del lavoro così indirizzato verso l’innovazione ha bisogno di figure sempre più specializzate. A formarle ci pensa ad esempio l’Isis Ponti di Gallarate: una realtà di avanguardia, capace di attirare finanziamenti da parte di imprenditori locali che investono così sulla formazione del personale di domani. Ed è così che all’interno dell’istituto nascono esperienze di eccellenza: è in fase di realizzazione un laboratorio di meccatronica, che sarà un punto di riferimento a livello nazionale, mentre si progetta di realizzare una piscina per formare e certificare i manutentori di questi impianti.
Uno sforzo che però non è sufficiente. Non tanto sul piano qualitativo, ma su quello quantitativo: «le aziende richiederebbero ancora più tecnici di quelli che diplomiamo ogni anno», spiega il dirigente Giuseppe Martino, «qui c’è una formazione che offre la possibilità di un impiego immediato, anche con un primo stipendio non disprezzabile. E si può comunque continuare a studiare all’università». Non solo per la meccatronica: la richiesta è alta anche per le biotecnologie e per i manutentori aeronautici oltre che, un po’ a sorpresa, per l’indirizzo agrario.
Sta cambiando anche il mondo della formazione professionale. Nella sede gallaratese dell’Agenzia formativa della provincia di Varese sta avendo un grande successo il corso per operatore delle strutture ricettive, percorso che risponde ad esigenze emergenti, come l’invecchiamento della popolazione e il conseguente aumento delle residenze sanitarie protette. Un corso che si è legato ad attività tradizionali come quello di meccanica o di operatore delle lavorazioni artistiche ed orafe.
L’agricoltura
Probabilmente è il settore che meno si associa alla città dei Due Galli, almeno nell’immaginario collettivo. Eppure Gallarate risiede all’interno del Parco del Ticino, che proprio qui ha voluto aprire un centro. Si trova al Monte Diviso, sopra Cajello, ed ospita un ostello con punto di ristoro, un centro informativo ma soprattutto è una porta d’accesso ai luoghi del parco e non solo: da qui si accede alle zone umide verso Besnate, i fontanili e il parco della Valle del Boja, al sentiero Strona che porta al Ticino e quindi al lago Maggiore o al sistema dei Navigli, verso Milano. In un contesto come questo, non deve stupire la presenza di diverse aziende agricole. C’è La Fattoria TiaTiaOh, gestita dai fratelli Paola, Laura e Mattia Budelli, 65 anni in tre. L’azienda coltiva i terreni della Piana, tutelati dal Parco del Ticino, ma hanno perso una parte di quelli terreni più a ridosso dell’abitato di Crenna.
Abitato che, con gli insediamenti residenziali realizzati negli ultimi anni, ha spostato in questa zona, lungo via Monte San Martino, il proprio baricentro. Simbolo di questo cambiamento è l’attività commerciale di Alessandro Della Valle, che ha trasferito qui il negozio di alimentari che la sua famiglia aveva aperto alla fine degli anni ’40 in piazza della Repubblica, di fronte alla chiesa e dove un tempo sorgeva il municipio di quello che è stato per anni un comune autonomo.
Uno degli operatori che ha lavorato all’espansione edilizia è Vincenzo Santoro. Il quale però, sempre a Crenna, si è reinventato imprenditore agricolo. Lungo via Monte San Martino ha realizzato un maneggio, affiancato da un allevamento di capre da latte. Produce mirtilli e formaggi e, anche lui in equilibrio tra tradizione e innovazione, guarda già al futuro: «stiamo lavorando per aprire un’agrigelateria». Quello che sembra mancare, a Gallarate, è il tempo per fermarsi.
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