La gamba impacchettata e un giorno di pausa

Il problema al muscolo tibiale si è fatto più insistente e così è arrivata una pausa forzata. L’occasione per riflettere su altro e prendersela con più calma

Cammino portoghese

Prima o poi doveva succedere. Dopo cinque anni e oltre 2500 chilometri percorsi ho dovuto fermarmi almeno per un giorno.

Sono a Redondela e da alcune tappe avevo un problema al muscolo tibiale. Che si chiamasse così me lo hanno detto, perché io nemmeno sapevo che esistesse. Una banale infiammazione ma la caviglia è molto calda e un po’ gonfia.

Chissà quali siano le cause? Di sicuro tappe un po’ lunghe (novanta km in tre giorni), ma soprattutto una grande quantità di asfalto o pietre. Un terreno molto duro che non permette di assorbire lo sforzo. Così, grazie anche a tanta prevenzione, nessun problema con le vesciche ma in compenso un gran dolore alla tibia sinistra.

Ieri sera ho fatto impacchi continui con il ghiaccio, ho acquistato un gel antinfiammatorio suggerito da due deliziosi farmacisti, tenuto la gamba a riposo e in alto anche la notte. Non è bastato, e stamattina mi sono svegliato con un dolore eccessivo.

Ho subito comunicato alla hospitalera che mi sarei fermato per un’altra notte se fosse stato possibile.  Lei ben contenta mi ha suggerito di farmi vedere da un suo amico fisioterapista e osteopata. Detto fatto, ho fissato una seduta e sono andato proprio sotto il mio ostello.

Sergio è stato molto accurato e mi ha spiegato che quel dolore è stato originato dallo sforzo eccessivo e prolungato che sicuramente la condizione migliorerà con un po’ di riposo e un unguento naturale a base di argilla, arnica, alghe e altro. Così mi ha impacchettato la gamba destra e mi sono messo tranquillo anche perché ho capito che pure questo fa parte delle possibilità del cammino.

Stamattina non l’avevo proprio presa bene. Ho dovuto avvisare Christa, la tedesca con cui ho fatto qualche pezzo di strada, che non potevo proseguire. Ho comprato il giornale locale, Diario de Vigo, e ho deciso di vivere quel relax forzato senza farla troppolunga.

Con la gamba fasciata in alto stavo leggendo quando nell’ostello è arrivato un mezzo tifone. Sono entrate tre donne catalane, Viki, Neus e Pepa, quasi come il titolo del film di Woody Allen. Loro camminano senza zaino e lo spediscono nella struttura successiva. Hanno già organizzato tutto fino al rientro a casa. Un secolo e mezzo in tre, anche qualche anno in più, ma sembrano incredibilmente più giovani. Malgrado mischino il castigliano con il catalano e parlino velocemente capisco quasi tutto e mi coinvolgono un po’ come fossi una mascotte. Si divertono molto, sono diverse tra loro e Viki è una leader naturale e non sta zitta un minuto.

È incredibile come in poco tempo si stabilisca subito un contatto così forte. È vero che condivideremo il dormitorio, ma questo non è sinonimo di vero incontro. Siamo andati a pranzare insieme ed era tanto tempo che non ridevo così. Amano l’Italia e la considerano un mezzo paradiso, però non sono mai state a camminare nel nostro paese. Suggerisco la via Francigena, la Francisca e quando scoprono che conosco bene le Cinque terre, mi tempestano di domande e vogliono sapere se davvero siano così belle. Lo stesso vale per Siena e il palio. Insomma il nostro paese ha sempre tante carte da giocare e così cerco di fare promozione anche ai nostri cammini.

Nel pomeriggio sono andato a trovare l’hospitalero dell’albergue municipal. Uno spazio ricavato dentro una torre storica in cui il

Comune ha messo l’accoglienza per i pellegrini. Sei euro per una branda. I servizi con una piccola cucina e un refettorio comune. Dove sono io pago 15 perché abbiamo anche le lenzuola e gli asciugamani e c’è una diversa cura, ma si capisce che stiamo parlando sempre di prezzi molto contenuti. Mangiare fuori è ormai molto simile al nostro paese con un menu a mezzogiorno di dieci euro.

Nel pomeriggio iniziano ad arrivare persone che avevo visto in altre tappe e che erano rimaste indietro un giorno. Fare uno stop è anche questo e tutto sommato non è stato così male.

Ora mi auguro che Sergio abbia fatto un mezzo miracolo, oltre che un buon lavoro, e domani possa riprendere senza troppi problemi.

Mi aspettano ancora quattro cinque tappe e non vorrei fermarmi troppo.

Domani potrebbe essere il turno di Pontevedra, una cittadina grande più o meno come Varese e con un fiume che la attraversa. Da lì una nuova biforcazione per andare verso il cammino espiritual oppure proseguire direttamente per Santiago.

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

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Pubblicato il 05 Luglio 2019
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