“La pesca collettiva può salvare il nostro lago”

Giancarlo Giorgetti ha presenziato all'inaugurazione del rierùn restaurato: "Aiutiamo i pescatori a salvare il nostro lago. Diamo la caccia ai siluri che distruggono la nostra fauna"

Grande festa per il rierùn

Bisogna fare un piccolo sforzo di fantasia e provare a tornare indietro nel tempo, quando la pesca non era un hobby ma una fonte di sostentamento. Allora, sognando un po’ in bianco nero, si può provare ad immaginare i pescatori che uscivano al mattino presto sul lago a caccia di persici, lavarelli e tinche. Tornavano con le reti cariche di pesci, da mangiare e da vendere.

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Poi c’era la pesca “collettiva” quella da fare insieme, anche se a volte la sintonia non era perfetta, perché la rivalità tra pescatori si sa, è difficile da gestire, ma in quei momenti l’importante era il risultato. Praticata fino agli ’50 impegnava più di 20 pescatori che uscivano in pieno lago con due grandi barche che calavano in acqua i realoni (rierùn), due enormi reti  lunghe 160 metri e alte 40 metri l’una  in cui si riuscivano a imprigionare un’enorme quantità di pesci.

La rete ha dato il nome alla barca, la San Pietro, restaurata e oggi “riconsegnata” ufficialmente ai cittadini di Cazzago Brabbia e a tutta la gente del lago. Una grande festa al Lago di Piazza cui hanno preso parte il sindaco Emilio Magni, alcuni amministratori dei comuni limitrofi, Giancarlo Giorgetti, sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei Ministri, in rappresentanza della Cooperativa dei Pescatori, Antonio Pedretti, l’architetto che ha progettato la struttura che ospita la barca, e Gianfranco Bianchi il “braccio” che ha guidato il restauro del rierùn.

«La pesca collettiva per il piccolo mondo dei pescatori era un momento meraviglioso – ha detto nel suo intervento Giancarlo Giorgetti, nato e cresciuto nella storica famiglia dei pescatori – Oggi non resta più nulla, solo il ricordo di quegli artigiani, lavoratori autonomi che ridistribuivano quel che pescavano. Penso con dispiacere e dolore a quando qualcuno decise che non si potevano più pescare le anguille nel Bardello – ha continuato Giorgetti – Un altro rito collettivo interrotto per chi sa quale regola. Per questo io oggi mi domando cosa possiamo fare per continuare questa tradizione e fare qualcosa di utile per il nostro lago? Oggi il vero problema sono i pesci siluro allora mettiamoci tutti insieme, uniamo le forze e diamo la caccia ai siluri. I nostri pescatori non bastano: uniamoci e facciamo di nuovo una grande pesca collettiva».

Il cuore di Giorgetti, come quello di tutti i cazzaghesi è ancora legato al paese sul lago, per molte ragioni: «A casa mia c’è una foto di mio padre e mia madre sul rierun vestiti da sposa:  mia mamma dice sempre che mio papà in viaggio di nozze l’ha portata sul lago».

Il rierun farà bella mostra di sé nella struttura aperta e protetta da vetri realizzata da Antonio Pedretti, ma il progetto per valorizzare l’area è molto più ampio ed ambizioso: «Ci aspettiamo la visita di tanti turisti e scolaresche – ha detto il sindaco Magni – Questo dovrà restare un luogo tranquillo e di riposo ma ci auguriamo che diventi un’importante testimonianza della nostra storia e della nostra tradizione».

I sogni sono ancora tanti, uno  è illuminare la struttura che protegge il rierun perché si veda dal lago, di notte. Un atto dovuto: al lago e ai pescatori.

Il rierùn è tornato a casa

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Pubblicato il 14 Luglio 2019
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