Nel capitalismo familiare varesino c’è movimento
I casi Merlett Tecnoplastic, Enoplastic e Spasciani aprono una riflessione sui percorsi di crescita delle imprese e sulla loro governance. Visconti (rettore Liuc): «Ci vuole una proprietà diversa in grado di interpretare correttamente il processo decisionale»

Crescere o non crescere questo non è il problema. Semmai, il problema per molte aziende è rappresentato dal come crescere. Merlett Tecnoplastic spa di Daverio, Spasciani spa di Saronno e Enoplastic spa di Bodio Lomnago sono tre aziende del Varesotto che arrivate al bivio hanno preso tre strade diverse. La prima, dopo 70 anni di vita, ha deciso per una exit vendendo alla multinazionale tedesca Continental. La seconda ha fatto un investimento comprando un’azienda basca. La terza ha aperto la proprietà al fondo di private equity belga Cobepa. Tre scelte molto diverse tra loro che innescano una serie di domande che abbiamo posto al rettore della Liuc- Università Cattaneo di Castellanza Federico Visconti.
Professor Visconti, sembra che il capitalismo familiare varesino sia in movimento. È un buon segno?
«Il tema centrale non è il buono o cattivo segno, bensì i percorsi strategici che le aziende dovrebbero seguire. Un’azienda che presidia una nicchia di mercato con una serie di prodotti fatti in un certo modo deve capire per tempo quali sono le strade da prendere per dar vita a uno sviluppo. È un tema che io e il mio collega Guido Corbetta abbiamo affrontato nel libro “Gli imprenditori. Il valore dei fatti” e che viene ripreso in “Family up!”. Bisogna imparare ad articolare disegni strategici che consentano di superare le tipiche patologie dell’impresa familiare italiana».
Come si formula una strategia di sviluppo alternativa all’uscita, come nel caso Merlett?
«Formulare oggi una visione strategica è molto complicato perché il disegno strategico va visto secondo le dinamiche del business. Loro hanno la gomma che si può integrare con la plastica. A questo punto la Continental col suo marchio o col marchio Merlett by Continental va sul mercato e le sinergie sono potentissime: know how, marchio prestigioso, cento anni di storia, potenzialità finanziarie e rete distributiva. Invece, mettersi in una logica competitiva contro Continental non è una visione di sviluppo. Ma ciò che conta di più in queste fasi sono le motivazioni strategiche».
Quelle di Spasciani spa sembrano piuttosto aggressive, con otto milioni di fatturato sono andati a comprare un’azienda leader del mercato spagnolo.
«Le motivazioni sono concettualmente le stesse che potrebbe avere un grande gruppo quando disegna una strategia. Il primo segnale che dà Spasciani è molto chiaro: vogliamo crescere. Una scelta simbolicamente coraggiosa perché stiamo parlando di una piccola azienda che va all’estero, per di più nei Paesi Baschi, a comprarne un’altra. Insomma, c’è chi si mette in gioco e chi invece, dopo aver tirato la carretta per 50 anni e condotto lunghe battaglie contro un ecosistema ostile alle imprese, si mette in vendita. Quindi se il tema delle motivazioni strategiche va letto in funzione di dove va il business, di riflesso il binomio strategia-struttura impone un’altra riflessione: ma una proprietà familiare può reggere queste sfide strategiche?».
Esiste un problema evolutivo nelle imprese italiane?
«Può darsi che oggi le imprese familiari continuino a nascondersi dietro presunte tradizioni per chiudere le porte ai manager e perpetuare riti stanchi all’interno di consigli di amministrazione inadeguati. L’evoluzione della governance è fondamentale per affrontare le nuove sfide, ma per reggerle un’impresa deve avere al suo interno una serie di elementi: un nocciolo duro governante e una proprietà che assuma un ruolo di governo dell’azienda che però non deve essere quello degli ultimi trent’anni. Insomma, oggi ci vuole una proprietà diversa in grado di interpretare correttamente il processo decisionale, l’apertura al capitale che viene da fuori e l’ingresso di manager esterni nel cda. È un tema culturale che invita a riflettere sulla cultura imprenditoriale, più precisamente è un tema di ossigenazione culturale che i giovani possono interpretare al meglio».
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