Nonostante tutto ho fondato la mia startup
Membro del gruppo giovani imprenditori di Cna, Andrea D'Elia è il contitolare di Intoway, azienda specializzata in questionari digitali di soddisfazione del cliente. «Occorre fare molta formazione sulle nuove tecnologie soprattutto in questa fase di transizione affinché innovazione e tradizione possano incontrarsi»

«Gianni l’ottimismo è il profumo della vita. L’ottimismo vola». A guardare in faccia Andrea D’Elia non si può fare a meno di pensare allo spot di Mario Soldati, quello dell’ottimismo, appunto. Nonostante abbia fondato una startup in un’Italia che risentiva ancora dei postumi di una crisi economica disastrosa, D’Elia ha mantenuto una fiducia nelle sue possibilità di imprenditore che fa ben sperare per il futuro del Paese. La sua Intoway, startup varesina fondata quattro anni fa con due soci, ha superato la prima fase, quella più difficile, e ora guarda ad una nuova fase di sviluppo che dovrebbe sfociare nella realizzazione di un computer dedicato.
Intoway realizza sistemi per la raccolta dati all’interno di punti vendita, sia di prodotti che di servizi. È la trasposizione in termini digitali dei questionari cartacei che spesso si trovano nei negozi, negli ambulatori privati e negli store con i quali si misura il gradimento del cliente sui servizi o i prodotti offerti. È un sistema già presente in molti esercizi pubblici della città e facile da riconoscere, perché i suoi display interattivi hanno al centro un grande bottone arancione. «È come se un impiegato – spiega D’Elia – andasse in un punto vendita e raccogliesse i dati dei presenti e li rielaborasse istantaneamente, dando indicazioni precise al titolare circa le azioni da intraprendere per rimediare alle disfunzioni e per alzare il livello di qualità del servizio offerto. A differenza del questionario cartaceo però è più veloce e semplice da compilare, oltreché anonimo».
Determinante è stato l’incontro con Luca Mambretti che, oltre ad essere il presidente di Cna, è un affermato imprenditore del settore odontotecnico. «Quando ho conosciuto Andrea e la sua azienda – racconta Mambretti – ho trovato la soluzione per gestire in tempo reale un problema riguardante la sala d’attesa dei miei clienti. Da allora collabora con la nostra associazione, è membro del gruppo giovani imprenditori e con lui si progettano iniziative e formazione sul tema del digitale».
L’ingresso in Cna ha aperto a D’Elia, che oggi ha 31 anni, una serie di possibilità legate alle relazioni con altri imprenditori associati e ai servizi forniti dalla struttura di via Bonini. «Io non conoscevo l’associazione, non sapevo nemmeno cosa significasse la sigla Cna – spiega lo startupper -. Quello associativo è un mondo che gran parte della mia generazione ignora. Ed è un’occasione persa perché le opportunità che offre sono tante. Per esempio, per iniziare ho dovuto autofinanziarmi in quanto le banche non mi davano i soldi necessari. In genere finanziano chi i soldi li ha già o chi li garantisce adeguatamente, ruolo svolto dai Confidi. E così io e i mie soci abbiamo dovuto camminare sulle nostre gambe nella fase più delicata, dove maggiori sono i rischi di insuccesso».
Il sistema Intoway sembrerebbe perfetto per la misurazione della qualità di molti servizi pubblici, ma c’è una certa riluttanza nell’adottarlo perché il settore pubblico, espressione del consenso della politica italiana, è da sempre poco propenso a farsi giudicare sulla base dei risultati. Quindi, per il momento, sarà difficile vedere uno dei bottoni arancioni brillare nella sala d’aspetto di un ospedale o in un ufficio anagrafe di qualche comune. Ma è solo questione di tempo.
D’Elia, che ha una laurea in economia, un master in business management e un’esperienza al Virginia Tech, tra le più antiche università americane, per fare impresa ha scelto di rimanere in Italia. Il 26 settembre prossimo Cna organizzerà un corso di comunicazione digitale su proposta dello startupper. «Credo che buona parte della nostra creatività artigianale – conclude D’Elia – sia il frutto di un ricco retroterra culturale che è poi il vero patrimonio dell’Italia. Occorre però fare molta formazione sulle nuove tecnologie soprattutto in questa fase di transizione affinché innovazione e tradizione possano incontrarsi».
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