Traffico di influenze, Claudio Milanese indagato
L’imprenditore finisce nel mirino della procura del capoluogo lombardo che indaga su “Mensa dei poveri“

C’è un altro nome eccellente che finisce sotto la lente degli inquirenti della procura della repubblica di Milano.
È quello di Claudio Milanese, imprenditore lombardo nel settore ecologico, dei rifiuti (Econord spa, di cui Milanese sul sito della società risulta presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante) e dell’energia, residente in provincia di Varese.
L’accusa per il reato di “traffico di influenze” si inserisce nel contesto dell’inchiesta “Mensa dei poveri“ che ha portato all’arresto di 43 persone il 7 maggio scorso fra politici, amministratori e faccendieri tra cui spicca il nome di Gioacchino Caianiello, factotum di Forza Italia nel Varesotto accusato di essere l’artefice di un sistema di soldi e potere in grado di influenzare la composizione e l’andamento di consigli d’amministrazione di partecipate, e di soggetti pubblici.
L’iscrizione nel registro degli indagati di Milanese, non smentito da fonti vicine alla Procura, è stata svelata da un articolo del Fatto Quotidiano di oggi, sabato 14 settembre e “riguarda una serie di conversazioni con il deputato di Forza Italia Diego Sozzani anche lui indagato per lo stesso reato », scrive il giornale.
I fatti si riferiscono ad alcune conversazioni nel dicembre 2018 quando Caianiello e Sozzani si recarono da Milanese per cercare di trovare una soluzione alla difficoltà dell’imprenditore riscontrata in alcuni suoi affari.
L’oggetto dell’indagine sarebbe un contratto di consulenze a cui gli inquirenti stanno cercando di risalire.
TRAFFICO DI INFLUENZE (art 346 bis Codice penale)
Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319 ter(2) e nei reati di corruzione di cui all’articolo 322 bis, sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322 bis, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’articolo 322 bis, ovvero per remunerarlo in relazione all’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, è punito con la pena della reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi.
La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altra utilità.
La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.
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