Aprono negozi ma un grande brand non fa comunità
Il fatto che aprano più negozi di quanti ne chiudano non è sufficiente per dire che tutto va bene
È vero, girando per il centro di Varese si notano moltissime aperture di nuovi negozi. È sufficiente passeggiare per corso Matteotti e nelle vie adiacenti per rendersi conto che qualcosa sta cambiando e che inevitabilmente cambierà la narrazione della città dei bottegai. Botteghe che erano i segni particolari della carta d’identità della Città Giardino.
Il fatto che aprano più negozi di quanti ne chiudano, non basta per dire che tutto va bene. Certo, è positivo per un discorso economico complessivo, ma al tempo stesso siamo di fronte a una metamorfosi che va interpretata nella sua totale dimensione. Per esempio, di che negozi stiamo parlando? Sono per lo più espressione di brand internazionali, grandi gruppi nazionali e catene di franchaising. Ma può l’apertura di Desigual o di Depot compensare la chiusura di Verga? Dietro Verga c’erano una storia e un’identità ben precise che erano parte integrante della città.
Quanto ha contato e quanto conta ancora, non solo simbolicamente, il Caffè Zamberletti, amato dallo scrittore Piero Chiara, nella storia culturale di Varese? Che cosa accadrebbe se al posto dello storico caffè o dell‘antica pasticceria Ghezzi, il locale preferito dallo scrittore Guido Morselli, aprisse un qualunque Starbucks? Corso Matteotti per molti varesini non sarebbe più lo stesso. Così come piazza Giovine Italia non sarebbe più la stessa, se al posto della drogheria Vercellini arrivasse l’americana McCormick. Le vecchie insegne con i nomi di famiglia hanno sempre rappresentato una garanzia per il cliente e un motivo di orgoglio per il negoziante, dando ad entrambi un senso di appartenenza alla comunità.
In questi giorni Regione Lombardia ha stilato l’elenco dei negozi storici, 128 in totale, di cui 25 in provincia di Varese, sottolineando che vanno sostenuti perché: «Concorrono con la loro presenza continuata nel tempo a creare contesti urbani omogenei e continui e itinerari di visita e fruizione da parte dei visitatori e dei consumatori». Lo scorso anno al comune di Busto Arsizio venne riconosciuto il primo distretto storico del commercio in Lombardia.
Quando chiuse la libreria Pontiggia, dopo aver dispensato cultura per oltre un secolo, il buon Eligio sentenziò: «Chiudere mi sembrava una vigliaccata nei confronti della mia Varese. Quindi non potevo permettere che qui entrasse un qualunque mutandaio». E Feltrinelli mantenne bene in vista all’interno del negozio la targa che ricordava quella straordinaria storia.
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