Parte dal Palace Hotel la conquista del mercato turistico
Dallo storico hotel varesino è nato "I palazzi", un progetto con strutture a Venezia e Siena. "Va molto bene. Al Palace dormono 40mila persone all'anno e abbiamo raddoppiato i dipendenti"
Tre strutture storiche, novanta dipendenti, una cura speciale all’esperienza turistica. Sono presenti a Venezia, Siena e Varese, dove I palazzi hanno il quartier generale. Stiamo parlando della metamorfosi iniziata dal Palace hotel ormai oltre tre anni fa e ora diventata realtà consolidata che guarda al turismo globale.
Andrea Buffarello e Guido Torri sono i direttori delle strutture e da anni lavorano in coppia. Pacatezza e passione viaggiano insieme nel loro racconto e sono contenti di riflettere su cosa sta cambiando nella loro professione, ma soprattutto nelle strutture che gestiscono.
Partiamo proprio dal Palace, uno dei simboli dell’ospitalità del nostro territorio. Un gioiello liberty ricco di storia e di storie.
Come sta andando l’attività varesina?
«Molto bene. Siamo in crescita a due cifre e se pensiamo alla crisi che abbiamo vissuto si resta ancora più stupiti. È un trend e non solo uno spot, non è una sola questione di numeri, ma di sviluppo del gruppo e di qualità delle risorse umane. Stiamo rivedendo lo staff e in tre anni siamo più che raddoppiati raggiungendo i cinquanta collaboratori tutti assunti a tempo indeterminato. Abbiamo internalizzato tutti i servizi. Il nostro è un investimento nel medio e lungo periodo e i risultati si vedono già. Il giudizio del nostro staff su Booking, ormai diventato il ranking più evidente del lavoro, è passato da 8,6 a 9,1 con oltre 2800 recensioni».
Ma i numeri classici cosa dicono?
«Abbiamo oltre 40mila persone che dormono in un anno al Palace e una media dell’82 per cento di occupazione delle camere. Numeri pazzeschi d’estate con una oscillazione tra il 96 e 97 per cento per un periodo che si è prolungato fino a ottobre».
Chi sono i vostri clienti?
«L’85 per cento della clientela è internazionale con tre diverse “stagioni”. Quelli business arrivano da metà settembre a fine giugno e partecipano alle diverse iniziative congressuali o simili. Poi c’è il turismo organizzato, quello che noi chiamiamo i “pulmatari”, con gruppi soprattutto di tedeschi che si muovono in primavera e in autunno. Da ultimo, ma importante e in crescita, il turismo individuale, di coppia o familiare che arriva nei mesi estivi e nel periodo natalizio. Ultimamente stiamo registrando anche un discreto flusso anche di ospiti brasiliani».
Cosa fanno i turisti, e perché scelgono di venire qui?
«Girano. Scelgono il Palace perché è in una buona posizione. Spesso scoprono Varese quando arrivano qui e ne restano colpiti. Per loro è un po’ come la prima boa dopo l’ingresso in Italia. Chi arriva dal nord Europa trova un ambiente che li fa sentire a proprio agio con tanta natura. Restano di media tre giorni, ma spesso ritornano».
C’è qualcuno invece che viene per fare le proprie vacanze?
«Circa il 20 per cento dei turisti estivi. Vengono per il lago, la cultura, lo shopping, la gastronomia. Stanno in giro tutto il giorno e nel tardo pomeriggio rientrano e trovano ogni genere di comfort. Quest’anno abbiamo sperimentato il gradimento del ristorante all’aperto dove sono arrivati anche tanti varesini».
A questo proposito, qual è il rapporto del Palace con Varese?
«Se guardiamo al traffico alberghiero Varese fa poco. Anche se c’è chi lo consiglia per far fare bella figura perché qui si vive un’esperienza oltre al semplice pernottamento. Bene invece tutta la parte banchettistica. Si viene qui per le classiche cerimonie e ne facciamo tante».
Come vedete Varese rispetto al turismo?
«Occorre partire dai servizi di ospitalità e non solo dal fatto che le persone vengono per dormire. Varese sconta ancora la mancanza di cultura turistica. Bisognerebbe evolversi perché per anni non si è investito in marketing in quanto c’era la presenza della clientela business. Poi è arrivata la crisi e dal 2008 è cambiato tutto. C’è un bel potenziale, ma va attivata una promozione turistica che vada ben oltre le questioni territoriali. Al nostro cliente degli aspetti amministrativi interessa poco. Del resto se ci pensiamo a nessuno di noi scatta la domanda di quale sia il confine territoriale dove si trova un aeroporto».
Dove è presente il gruppo di cui fa parte il Palace?
«Abbiamo appena aperto a Venezia a Cannaregio. Una struttura cinque stelle con 23 suite. Nel 2018 è stata la volta di Siena. Un residence con 20 piccoli appartamenti dentro un vecchio convento del Seicento. Da ultimo il Palace con 112 stanze. I Palazzi, il nome del nuovo soggetto, è un progetto unico che offre l’opportunità di vivere un’esperienza alberghiera unica all’interno di strutture di altissimo valore storico e culturale. Un viaggio personalizzato che permetterà di associare il meglio della storia, della cultura, delle tradizioni e dello stile di vita di alcuni dei luoghi più eccitanti d’Italia».
Come siete arrivati a questo progetto?
«Parte tutto da Varese, dove di fatto resta la testa del gruppo. Puntiamo tanto su una gestione di qualità e iniziamo a vedere i frutti del lavoro perché portiamo fuori i clienti di casa».
Come arrivano gli ospiti alle vostre strutture?
«Il 35 per cento arriva da intermediari, le famose Ota. Ormai sono imprescindibili anche se noi facciamo un grande lavoro diretto con una nostra rete di vendita. Ogni anno partecipiamo a una trentina di eventi professionali specializzati. Duole constatare che siamo l’unico soggetto privato a vivere questa esperienza».
Airbnb, la piattaforma degli affitti turistici brevi, ha una presenza sempre maggiore e attira molte critiche da parte degli albergatori. Che ne pensate?
«Tutto ciò che allarga l’offerta turistica è positivo e quindi non abbiamo niente contro Airbnb o i B&B. Certo dobbiamo far capire ai turisti quali siano le differenze. Se noi albergatori trattiamo le strutture come spazi per dormire, è normale che le persone scelgano quelle più convenienti. Questo soprattutto in una provincia come la nostra dove nelle zone più belle c’è una carenza di strutture ricettive alberghiere adeguate. Siamo in una condizione dove il mercato lo fa l’offerta turistica e quindi è normale che in quelle zone si sviluppino tanti airbnb».
Cosa andrebbe fatto per sviluppare ancora di più il turismo in provincia?
«Destagionalizzare e indirizzarci verso un prodotto che permetta questo. Si sta lavorando molto bene con eventi sportivi, ma il limite di questi è che insistono in un periodo in cui il lavoro è già forte. Ora dobbiamo trovare un modo per riempire le strutture da ottobre a marzo. Per questo sarebbe interessante tornare al turismo congressuale. Va spostata MalpensaFiere alla Schiranna e allora si vedrebbero numeri anche perché abbiamo tutto in regola per competere a livello mondiale. Una logistica notevole, prezzi adeguati e un bell’ambiente. Sono i tre elementi base perché funzioni questo tipo di attività».
Il mercato asiatico non potrebbe essere una risposta?
«Lo guardiamo con attenzione, ma lo filtriamo anche molto perché a noi interessa la qualità e non riempire e basta».
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