L’arte “democratica” nei murales di Ravo
L'artista si racconta in una serata organizzata dal Rotary club di Sesto Calende, Angera e del Lago Maggiore
Facciate cieche di palazzi, muri di edifici abbandonati e pareti dimenticate. Per l’artista varesino Andrea “Ravo” Mattoni questi non sono altro che “non-luoghi”: realtà cittadine che i passanti considerano normali, ma che possono trasformarsi all’improvviso in opere d’arte.
A partire dalla copia della Cattura di Cristo del Caravaggio realizzata su un pilastro di Viale Belforte di Varese nel 2016, da quel momento in poi Ravo ha continuato a riprodurre sulle pareti trascurate delle città italiane e straniere i più importanti capolavori dell’arte. L’artista ha raccontato la sua esperienza alla conferenza organizzata dal Rotary club di Sesto Calende, Angera e del Lago Maggiore giovedì 10 ottobre 2019 al Golf dei laghi di Travedona Monate.
Spesso associate alle azioni vandaliche di alcuni writer, le bombolette spray possono sembrare una tecnica strana per riprodurre i grandi classici dell’arte. «Sono nato – ha raccontato Ravo – in una famiglia di artisti e già da bambino ho potuto sperimentare coi colori. Da ragazzo iniziai a utilizzare le bombolette, ma è quando sono entrato all’Accademia di Brera che mi sono avvicinato all’arte. La tecnica delle bombolette è molto diversa da quelle tradizionali, ad esempio: non si possono mischiare i colori, non ci sono le comodità di lavorare in atelier e devo convincere i sindaci a tenere i lampioni accesi tutta la notte per poter dipingere».
Le opere di Ravo sono capaci di trasformare il volto di una città, ma il vero obiettivo dell’artista è diffondere l’amore per l’arte e la cultura. «Il mio vero lavoro – ha fatto sapere Ravo – è insegnare la storia dell’arte attraverso le mie opere. In questo modo riesco a tenere delle lezioni che bambini e ragazzi non dimenticheranno mai e che li aiuteranno a conoscere meglio il proprio patrimonio culturale. Inoltre, chiunque passi per strada può osservare i quadri che riproduco: dal critico d’arte alla persona meno istruita e che teme di non avere le competenze per apprezzare le opere all’interno dei musei. Col mio lavoro cerco di diffondere la passione per l’arte e magari convincere alcune persone a trovare il coraggio di visitare proprio quelle case della cultura che sono i musei».
«Non riproduco solamente i grandi classici – ha poi aggiunto Ravo -. A volte realizzo copie di opere realizzate da artisti locali: pittori interessanti ma a volte sconosciuti dai loro stessi concittadini. In altri casi cerco di restituire alla comunità opere scomparse. A Novara per esempio ho riprodotto gli “Angeli sognanti” di Gaudenzio Ferrari, un’opera rubata nel 1974 e mai più trovata. Secondo me se un furto al museo non provoca un danno solo alla struttura che lo subisce ma tutta la comunità».
«Prima di realizzare le mie opere – ha concluso a fine serata Ravo – scelgo sempre un muro senza particolari problemi strutturali o di infiltrazioni. Al termine della pittura aggiungo poi un fissativo, che protegge i pigmenti dai raggi del sole. Se il comune si occupa di compiere periodicamente un po’ di manutenzione, i miei lavori possono durare anche più di trent’anni. Non mi è mai capitato di vedere altri writer rovinare le opere che realizzo, ma secondo me, più che al rispetto del mio lavoro, questo è dovuto al timore reverenziale che solamente le opere dei grandi artisti del passato sono capaci di trasmettere».
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