Latte Varese, ritardi nei pagamenti dei fornitori
Bruno Chinaglia ceo della cooperativa agricola: «La nostra priorità assoluta è riportare liquidità e reddito nelle stalle»
«C’è un problema di liquidità, è vero, ma lo stiamo risolvendo». Bruno Chinaglia, amministratore delegato della cooperativa agricola Latte Varese, riconosce le ragioni della protesta di alcuni soci produttori che conferiscono il latte alla centrale di via Uberti. I forti ritardi nei pagamenti mettono in crisi la gestione delle stalle e di riflesso anche l’attività della cooperativa che peraltro ha predisposto in questi ultimi anni un piano di rilancio importante. È stato infatti investito un milione di euro, su un totale di otto milioni di fatturato, in nuovi macchinari, ammodernamento e messa a norma delle strutture e nuove tecnologie di lavorazione del prodotto, come l’Esl, in grado di estendere la conservazione del latte fresco senza alterarne le qualità organolettiche, e un nuovo caseificio nel sud della provincia.
Chinaglia, il malessere di alcuni soci è notevole, tanto che qualcuno minaccia di chiudere la stalla a fine anno. Che cosa si sente di dire per placare gli animi?
«Ribadisco: è vero, l’ultimo pagamento regolare risale a maggio, ma è solo questione di tempo perché stiamo risolvendo tutti i problemi. D’altronde abbiamo una situazione pregressa negativa, ereditata dalle altre gestioni. Dobbiamo fronteggiare più rientri, soprattutto con le banche, e allo stesso tempo fare investimenti. È una lotta contro il tempo. Le difficoltà sono dovute a un insieme di ragioni e non a una sola».
Allora, iniziamo con la dinamica del prezzo del latte e il rapporto con i distributori.
«Il latte Varese, soprattutto quello fresco, è un prodotto di alta qualità, un vero chilometro zero dalle caratteristiche uniche. Tutti elementi positivi che poi si infrangono contro le leggi di mercato. Noi abbiamo il prodotto sul piazzale a 53 centesimi il litro e viene pagato ai produttori da trentanove a quaranta centesimi. Una volta confezionato il costo sale a 75 centesimi. Il latte viene poi preso in consegna dalla nostra flotta di camion che lo porta nei singoli bar, ristoranti e negozi oltreché nei supermercati, quindi il prezzo va ulteriormente caricato dei costi di trasporto. Di contro Parmalat, per una questione di volumi maggiori, può fare l’offerta finale a cinquanta centesimi. La grande distribuzione è spietata perché, nonostante il nostro sia un latte prealpino, locale e di grande qualità, lo compera allo stesso prezzo degli altri. Alla fine quindi pagano un prezzo netto inferiore, hanno il premio di fine anno e anche il diritto di reso che viene dedotto dal dovuto. Il piccolo punto di distribuzione invece diventa un problema nel recupero del credito, a volte incassiamo a 180 giorni, ma anche la grande distribuzione non scherza in fatto di ritardi nei pagamenti. È una sorta di effetto domino dove alla fine a pagare sono i nostri fornitori».
Il fatto che in provincia ci sia un grande distributore locale, il marchio Tigros, che nella scelta dei prodotti predilige anche logiche territoriali, non vi ha in qualche modo facilitato?
«Ha mostrato una maggiore sensibilità in più occasioni e questo ci ha permesso di aprire una nuova negoziazione con la grande distribuzione. Per noi Tigros è un partner chiave in questa lotta con il mercato».
Il Latte Varese ha una tradizione consolidata e una reputazione tra i consumatori. Insomma, è un prodotto di nicchia e di grande qualità. Non è sufficiente per ottenere fiducia e credito dalle banche?
«Abbiamo lavorato bene con Bpm, Monte dei Paschi e Credit Agricole. Il ciclo di vita del prodotto latte è brevissimo mentre per ripristinare un ciclo finanziario virtuoso occorre tempo. Abbiamo aumentato il tempo di pagamento di trenta giorni e da un anno a questa parte stiamo lavorando in due direzioni: negoziare una linea di credito e anticipare le fatture della cooperativa per accorciare i tempi di incasso. Stiamo negoziando un mutuo con il Mediocredito Centrale per avere più ossigeno e più tempo e serenità per reimpostare tutta la partita finanziaria soprattutto per il bene dei nostri soci».
Aggiungiamo che le cooperative in genere sono sottocapitalizzate…
«Anche la nostra lo è, aspetto che si paga in sede di assegnazione del merito di credito da parte delle banche. Quest’anno abbiamo chiuso il bilancio consolidato in utile che è un bel segnale. Ad agosto abbiamo fatto un’assemblea con i soci, cioè coloro che conferiscono il latte alla cooperativa. Sono loro che esprimono le cariche dirigenziali ed è importante per andare avanti che siano loro i primi a crederci».
Lei è arrivato alla cooperativa Latte Varese nel 2015 in qualità di consigliere di amministrazione nominato dalla politica – in base alla vecchia legge – nel suo caso la nomina fu della Provincia, con un gettone di presenza di 451 euro. Perché è rimasto?
«Perché mi è stato chiesto, ma soprattutto per gli allevatori perché sono persone che non si risparmiano, danno tutto facendo immensi sacrifici. Ecco perché meritano di non essere lasciati soli. La nostra priorità assoluta è dunque riportare liquidità e reddito nelle stalle».
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