“Vurett ben”, il poeta bosino resiste alla globalizzazione
Di Pier Fausto Vedani
Ho letto sul Calandari 2018 della Famiglia Bosina la storia del “Poeta Bosino”, il premio annuale riservato ai simpatici e bravissimi cultori dei racconti in rima, allegri o malinconici, di finissimi sentimenti o di situazioni personali della gente che ha profonde radici nella nostra comunità.
Questa inedita preziosa storia del premio, cominciata nel 1956, la dobbiamo a Carlo Zanzi, scrittore e poeta che da tempo onora Varese con il suo impegno letterario, dedicato anche alla cultura locale e che gli è valso in passato anche il riconoscimento, ambitissimo, di Poeta Bosino .
Zanzi nel suo racconto accenna alla imminente fine, alla “morte” del dialetto. Non sono in grado di dire quanto si sia detto o scritto ai nostri giorni su questo argomento e nemmeno quanto si sia lavorato in questa direzione nelle scuole pubbliche, si sa da tempo che la storia del linguaggio e del disegno come primitive forme di comunicazione ha anche indicato chiaramente destino e differenze di espressione nel mondo degli esseri viventi. E infatti non ha avuto limiti la progressione del potenziale dell’intelletto umano a fronte di quello animale.
Le diversità di espressione all’interno di diverse culture e la iniziale lenta progressione culturale dovute a fattori ambientali e a distanze tra gli insediamenti, hanno invece favorito lo sviluppo di linguaggi autonomi in ambiti ristretti, cioè i dialetti.
Nell’era moderna tutto si è fatto più vicino a tutti, oggi la globalizzazione con il mostruoso sviluppo tecnologico ha ribaltato la vita di miliardi di persone, inevitabile il declino dei dialetti, ma non è ancora il tempo di decretarne la fine se oggi i varesini ricordano e leggono Speri Della Chiesa, vera star del dialetto bosino, scomparso alla fine degli anni 40 del secolo scorso. E inoltre la Famiglia Bosina è una vitalissima espressione culturale e il recupero della storia del premio al miglior poeta bosino dell’anno da parte di Carlo Zanzi è un eccellente contributo alla vitalità del nostro dialetto.
A me il “Poeta Bosino” ha fatto ricordare in particolare Natale Gorini, indimenticabile re bosino padrone della città per i giorni del Carnevale e da sempre poeta non poco baloss in più occasioni, ma stupendo cantore di rara tenerezza dell’amore, con attenzione a quello speciale tra coniugi, che dura una vita. Egli lo regalò ai varesini con i pochi premiatissimi versi di “Vurett ben”, volerti bene.
VURETT BEN
Andà fö a guardà bass dul pugiö
par vidé quand te vett
Tirà indré ul cantun di tendinn
par vidé sa te rìvat
Scultà i pass in sü i scaar
par sentì s’hinn i tò
Scultà, da nott, ul respiir
par sentì sa te dörmat.
Da sempre in tutte le comunità ci sono persone, quasi sempre uomini, del buon consiglio ai quali in virtù del loro buon senso e di una nota e bella esperienza ci si può rivolgere. Natale Gorini a un gala rotariano al Golf Club di Luvinate presentò, da fine dicitore come era, un caso curioso che scatenò grande ilarità. Tale Bernasconi era un “consigliere” ricercatissimo: viveva solo, sereno e tranquillo in una villetta dove gli faceva compagnia un pappagallo che assisteva alle udienze riservate a chi voleva il parere del padrone di casa. Che era molto legato al suo Loreto al punto che dovendo allontanarsi per alcuni giorni ebbe serie difficoltà per far ospitare da estranei il suo fedele amico a due zampe, abituato a vivere trattato come un lord. Essendosi prestato all’ospitalità del pappagallo un contadino, il Bernasconi glielo affidò con un elenco di raccomandazioni per accoglienza e dieta. Ritornato a Varese dopo una settimana, Bernasconi si precipitò subito dal suo Loreto e gli prese un accidente quando il contadino gli confessò che Loreto non si era adattato, non rincasava, girava per l’aia e nel giardino, faceva puntate addirittura nel pollaio. Angosciato, il padrone cominciò la ricerca del suo pappagallo e lo trovò nel pollaio mentre “schiacciava” una giovane ed estasiata gallina. Fatto esperto per le molte “consulenze” ascoltate, il pappagallo quando il padrone fu a tiro esclamò: «Se te ne diset Bernascun?»
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