Al via il primo master universitario per la cura dell’anima ferita

Si tratta del primo percorso formativo che vede collaborare psicologi e magistrati. Il corso durerà un anno. Iscrizioni entro il 30 novembre

Violenza sulle donne

Curare l’anima ferita.
L’Università dell’Insubria propone il master unico in Italia per affrontare le conseguenze emotive di eventi traumatici. Ideato dal professor Giulio Carcano, è diretto da Marco Bellani e dal Procuratore della Repubblica Daniela Borgonovo.

All’ospedale di Como esiste da sei anni un servizio di “psicologia dell’emergenza” diretto dal dottor Vito Tummino che si occupa delle lacerazioni profonde dell’anima dovute a eventi luttuosi o devastanti.

La cura è necessaria per “non morire di dolore”

Il master in Psicotraumatologia di primo livello dell’Università dell’Insubria si rivolge a operatori che devono affrontare quattro tipologie di interventi:
il trauma nella pratica medico-chirurgica e nelle emergenze quotidiane,
la violenza sui minori,
la violenza sulle donne e sui soggetti fragili,
le emergenze e le catastrofi.

Spiega Giulio Carcano: «Il termine ferita non definisce solo una lesione del corpo, ma comprende la lacerazione prodotta dell’animo; questo argomento è al centro di una vivace attenzione sociale e scientifica a livello mondiale. Il trauma psicologico, l’aggressione, i maltrattamenti provocano un’immediata percezione di umiliazione: questa condizione, una volta generata, assume una forza indipendente dalla causa che l’ha originata e diviene costante. Tutti gli operatori possono testimoniare la difficoltà che provano quando devono confrontarsi con pazienti affetti da malattie in fase avanzata o vittime di violenza che pongono domande fondamentali: la sofferenza spirituale, la comunicazione della verità, il significato del fine vita sono solo alcuni degli aspetti che richiedono una preparazione specifica. Professionisti specializzati devono lavorare in rete, perché l’ascolto delle persone avvenga nel pieno rispetto delle loro esigenze, dei loro tempi e delle loro fragilità. La formazione specifica risulta pertanto fondamentale per gli operatori che entrano in contratto con questi eventi per avere un approccio completo nei confronti di chi vuole ricominciare a vivere dopo aver subito la violenza nelle forme più drammatiche».

Spiega Daniela Borgonovo: «Quando donne, bambini o persone fragili sono stati soggetti a violenza domestica o di genere, il processo penale può avviare un serio percorso di superamento del trauma, affrancando la vittima dal reato grazie all’emergere dei fatti e al relativo accertamento, senza logiche di rinuncia o di copertura. È infatti nel processo penale che si trovano gli strumenti per ricostruire i fatti e, al contempo, per proteggere la vittima, se necessario, mediante misure restrittive utili a impedire la reiterazione dei reati. Nello stesso processo, il riconoscimento individuale e sociale dei ruoli vittima-colpevole vale a ristabilire l’equilibrio compromesso dalla violenza e a restituire, in favore della persona offesa, il sentimento della propria dignità e, a volte, perfino il controllo della propria vita. Il rito penale, insomma, può essere un luogo di cura per le persone aggredite dalla violenza domestica o di genere, sempreché, naturalmente, costituisca un percorso agevole ed immune, il più possibile, da quei tormenti e da quelle torsioni che invece infliggono un nuovo danno (i tecnici parlano di vittimizzazione secondaria). A questo fine sono richieste competenze diverse (utili a sostenere e ad accompagnare la vittima prima, durante e dopo il processo) come stabilito dalle Raccomandazioni del Consiglio d’Europa e, soprattutto, dalla Direttiva europea n. 29 del 2012. Solo la conoscenza delle professionalità in gioco e della loro interazione, mediante l’acquisizione di competenze specifiche, conduce alla miglior realizzazione di risultati efficaci».

L’obiettivo generale del master dell’Insubria è di fornire sia i fondamenti teorici per comprendere il funzionamento psicotraumatologico, sia gli strumenti metodologici e tecnici per la formulazione del caso, la conduzione di colloqui nonché la pianificazione e la scelta dei trattamenti più idonei e specialistici.
L’iter formativo mira a promuovere in senso reciproco l’integrazione tra gli elementi psicologici e clinici propri del trauma, con la necessità di sapersi rapportare con le istituzioni e le autorità competenti che a qualsiasi titolo entrino in contatto con le vittime e con gli autori di reato.

Attraverso lezioni frontali, workshop con esperti, stage di tirocinio, attività di ricerca ed elaborazione di project works, l’allievo potrà concludere un percorso formativo che lo porterà a riconoscere le principali problematiche proprie dell’esperienza traumatica specifica e a saper intervenire per la prevenzione e il sostegno alla vittima, ai superstiti, ai parenti e ai soccorritori, prestando attenzione agli aspetti legali e giuridici, in un’ottica di collaborazione tra i componenti dell’equipe di lavoro.

Il coordinamento didattico del master è di Eugenia Trotti, che compare anche tra i docenti, con Marco Bellani e Paolo Severgnini (esperto di catastrofi), Jutta Birkoff (Medicina legale) e altri esperti nazionali di psicotraumatologia.
Per la parte legale, oltre al procuratore Daniela Borgonovo e a Silvia Nanni della Polizia di Stato, ci saranno esperti della Magistratura, dell’Avvocatura, della Psicologia Forense e della Medicina legale.
Il master inizia a gennaio con durata annuale; le lezioni si terranno un weekend al mese. Il bando è già pubblicato sul sito dell’ateneo, termine iscrizioni il 30 novembre.

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 18 Novembre 2019
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