Ance si interroga sulla vocazione di Varese
I costruttori hanno eletto Massimo Colombo nuovo presidente. Il sindaco Davide Galimberti ha annunciato l'avvenuta vendita dell'area dismessa dell'ex Aermacchi
«Abbiamo bisogno di capire che cosa è Varese. Il tema dela vocazione di questa provincia è cruciale per il futuro». Juri Franzosi, direttore di Ance (Associazione nazionale costruttori edili), va dritto come un treno alla questione delle questioni di fronte a una sala gremita di persone e con in prima fila il nuovo presidente, Massimo Colombo, fresco di elezione da parte dell’assemblea dei costruttori, seduto accanto al suo predecessore, Orlando Saibene.
Franzosi, non contento, mette lì altre due provocazioni chiedendosi «se per caso c’è già una vocazione pronta» e «se le vie di comunicazione servono a fuggire da Varese o per arrivarci». Riflessioni che sono state girate subito ai tre protagonisti della tavola rotonda, ovvero: il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, il sindaco di Varese Davide Galimberti e Giuseppe Bonomi ad di Milanosesto spa.
Anche per Fontana identità e vocazione del territorio sono temi molto sentiti. «La nostra provincia non è omogenea – ha detto il presidente della Regione – A sud c’è una vocazione industriale, che il centro invece ha un po’ perso e il nord fatica a mantenere. Un tema che non è mai stato affrontato in maniera organica e condivisa con una politica fiscale adeguata, considerato che la Svizzera attrae le nostre risorse migliori. Bisognerebbe istituire una Zes affinché imprenditori e lavoratori rimangano nei territori».
Una zona economica speciale (Zes) non è ancora stata istituita a ridosso della fascia di confine e lo stesso Fontana non sembra molto fiducioso che avverrà nel prossimo futuro. «Noi insistiamo con il voler l’autonomia – ha continuato il governatore- ma da Roma difficilmente otterremo queste cose».
Di parere contrario invece Galimberti, secondo cui il territorio negli ultimi dieci anni è cambiato molto: ci sono più infrastrutture, meno multinazionali e un territorio con un elevato livello industriale. «Ci vorrebbe un maggior dialogo tra le varie aree della provincia – ha spiegato Galimberti – e sfruttare di più quanto avviene nell’area metropolitana dove l’80% degli investimenti arrivano dall’estero. Noi abbiamo messo in campo un progetto di rigenerazione urbana partendo dall’unificazione delle stazioni con un investimento di 18 milioni di euro». Il tempo e la burocrazia sono le due variabili che incidono poi sulla realizzazione dei progetti. «La burocrazia – ha continuato il sindaco – non dipende dalle norme, ma spesso dalla capacità dei singoli soggetti e non sempre la qualità degli interlocutori che si trova di fronte la pubblica amministrazione è all’altezza della situazione».
Le vocazioni per un territorio possono essere molte e Bonomi ha ricordato che in passato si è parlato di una Città Giardino a vocazione congressuale e sportiva. «Varese non dovrebbe chiedersi cosa Milano potrebbe darle visto il fulgore che sta attraversando, ma cosa può fare per se stessa. Ci vogliono più coraggio, un po’ come ha fatto Milano con la trasformazione di Porta Nuova, e più investimenti privati. Negli ultimi trent’anni questi investimenti non ci sono stati ad eccezione dell’apertura di un nuovo supermercato».
Secondo Bonomi, anche Varese ha la sua Porta Nuova: si tratta dell’area dell’ex Aermacchi, una gigantesca area dismessa poco distante dal centro, a cui la politica varesina non è mai riuscita a imprimere una svolta. «C’è stata mancanza di coraggio da parte della classe imprenditoriale – ha continuato l’avvocato – mentre Milano è quella che è perché ha seminato oltre 20 anni fa».
Il sorriso sul volto di Galimberti ai più sarà sembrato inopportuno. Ma il sindaco ha continuato a sorridere fino a quando ha ripreso la parola. «Beh, a Bonomi e a tutti voi comunico che qualcosa questa amministrazione ha fatto: tre giorni fa abbiamo firmato per la vendita dell’area dell’ex Aermacchi. Ora partirà la sua riqualificazione».
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