La denuncia di una dipendente ha scoperchiato il malaffare nella municipalizzata
L'indagine che ha scoperchiato il malaffare nella Castellanza Servizi e Patrimonio è partita dai racconti di una lavoratrice che non ha avuto paura di parlare con la Procura
La gestione dissoluta della Castellanza Servizi e Patrimonio da parte di Paolo Ramolini era diventata insostenibile per una dipendente della società che, davanti alle assenze della direttrice della farmacia, all’uso privato dell’auto aziendale, all’uso di soldi della società pubblica per ristrutturare la casa della figlia, ha deciso di non stare in silenzio e di fare quello che viene definito whistleblowing (letteralmente soffiare nel fischietto e, quindi, lanciare un allarme) e cioè denunciare i comportamenti illeciti che vedeva all’interno dell’azienda soprattutto da parte di chi era anche stato designato come responsabile anticorruzione e cioè lo stesso direttore generale Paolo Ramolini.
A gennaio 2019 decide di raccontare alla Procura tutto quello che sa o che ha intuito e dà il la alle indagini del sostituto procuratore Martina Melita che hanno portato all’arresto odierno con le accuse di peculato e truffa ai danni dello Stato.
Da quanto si può capire ciò che è emerso potrebbe essere solo una parte di quanto effettivamente accaduto in questi anni di gestione della società con Ramolini direttore generale ma solo gli eventuali interrogatori dei protagonisti della vicenda (ricordiamo che gli altri due indagati sono il proprietario dell’impresa che ha realizzato i lavori a casa della figlia del d.g. e la direttrice della farmacia comunale). Non è ancora stato chiarito perchè,infatti, poco prima dell’inizio dell’indagine l’amministratore unico Carlo Veronelli abbia dato le dimissioni e nemmeno perchè non sia mai stato sostituito.
Il sistema di Ramolini era semplice: ha sottratto 13 mila euro per i serramenti della casa della figlia, dalle casse della società pubblica utilizzando una serie di fatture per lavori realizzati dalla stessa impresa per il Comune di Castellanza e per la stessa Csp suddividendo gli importi in modo da stare sotto i 5 mila euro di spesa, limite massimo oltre il quale il direttore non poteva più agire in autonomia.
Plausibile, dunque, che l’amministratore unico Veronelli fosse all’oscuro di quanto stava accadendo ma appare chiaro anche che la situazione all’interno della società in house fosse fuori controllo al punto tale da costringere Veronelli a gettare la spugna.
Per quanto riguarda le assenze retribuite della direttrice si parla di una cifra limitata (50 ore totali per un valore di 783 euro indebitamente percepite) ma il contesto in cui è maturata anche questa ipotesi di reato vede ancora la presenza di Ramolini che, in alcune occasioni, è risultato essere in vacanza con la direttrice della farmacia ed è sempre lui che ha certificato le presenze sull’apposito registro (facilmente manomettibile per l’assenza di badge elettronici).
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