Luciano che non vide la primavera
A settantacinque anni dal 24 novembre 1944, il ricordo del sacrificio di Luciano Zaro, ucciso in casa dai fascisti

Ad Arnate, a settantacinque anni da quell’autunno del 1944, da quel 24 novembre, è stato ricordato il sacrificio di Luciano Zaro.
Aveva visto venti primavere, ma non vide quella del 1945: giovane orafo, ragazzo cattolico, quella sera «stava aggiustando un orologio da tavola, al tavolo della cucina», quando in casa irruppero i fascisti. Mentre già prendeva qualche vestito per andare in carcere, fu ucciso a tradimento, «assassinato dal maresciallo della GNR della Repubblica Sociale, uno stato che non aveva avuto nessun riconoscimento internazionale, se non dalla Germania nazista» ha ricordato Michele Mascella di Anpi.
Fin dal 1945 Luciano Zaro è ricordato come martire del fascismo, insieme ad Angelo Pegoraro. L’assessore alla cultura Massimo Palazzi è venuto «a rendere omaggio all’esempio che costituisce la persona», come ogni anno c’era Luciana Zaro, che dello zio mai conosciuto porta il nome. L’oratore ufficiale Marco Bertoldo ha parlato dei valori di «pace, libertà personale, giustizia, antifascismo», che discendono dalla Resistenza e dalla Costituzione, «momenti indissolubili tra loro».
Luciano Zaro era un ragazzo, che fece la sua scelta, quella di sottrarsi alle armi fasciste. Pagò cara quella scelta ancora acerba, con la vita sacrificata davanti agli occhi di sua mamma. «Rifiutiamo l’uomo forte e badiamo agli indifferenti, a coloro che si accontentano di osservare lo spettacolo per poi applaudire i vincitori».
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